Il Secolo XIX, 14 Dicembre 2011
La Spezia - «Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle un giorno / giuro che lo farò…». Francesco De Gregori sta cantando i paesi dell’alluvione e non importa se lo sa. “La Donna Cannone” è una canzone d’amore ma stasera vale una metafora, nel palasport spezzino affogato nella desolazione della periferia, dove tra i capannoni industriali resistono gli ultimi orti: a ricordare che la gente delle vigne martoriate delle Cinque Terree dei campi allagati della Val di Vara è in fondo la stessa, contadina. De Gregori canta accompagnato dal violino e dal pianoforte ed è suo il momento più trascinante del concerto Spezialive, con il pubblico che riprende le strofe e fa oscillare il telefonino, come una volta si usava con gli accendini. «Butterò questo mio enorme cuore…».
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Il maestro Giacomo Loprieno che dirige la Ensemble Simphony Orchestra, misconosciuta gloria nata a Massa Carrara, è felice di aver messo insieme tanti artisti: «Li accompagniamo nelle loro tournée, non è stato difficile contattarli. Chi non aveva la data occupata ha risposto con entusiasmo».
«E con le mani amore / per le mani ti prenderò / e senza dire parole nel mio cuore ti porterò…». Il palasport è pieno, duemila persone, ed è consolante pensare che per ogni euro incassato la Cassa di Risparmio della Spezia ne metterà un altro: si dovrebbero raggiungere i duecentomila euro. Sotto il palco i sindaci dei paesi alluvionati siedono imbarazzati, sono vecchi liguri scorbutici, non amano i riflettori. Sanno però di avere destini diversi, perché Borghetto Vara non è Vernazza e Brugnato non è Monterosso, e solo i morti sono stati uguali. Il futuro no. Così è una metafora anche la platea, con la prima e la seconda fila, il parterre, la gradinata: e starà alla collettività ricordare che la bellezza può essere sfacciata come a Punta Mesco o più intima come alla confluenza del Vara e del Magra, tra i salici piangenti e i voli dell’airone.
«E non avrò paura se non sarò bella come vuoi tu…». Sembr a scritta per i contadini di Pignone la Donna Cannone, per nonna Maura Raggi che vive coltivando fagioli e patate e ricorda di essere stata «benissimo, in quei giorni: ogni momento venivano a vedere come stavo e a portarmi il tè». Gli artisti si inchinano alla fierezza ligure e poi salutano, «ciao Spezia», senza l’articolo determinativo come la chiamano gli amici e i parenti stretti. C’è qualcosa di profondo nell’omaggio alle popolazioni alluvionate, che non stanno alla Spezia ma verso il capoluogo hanno sempre convogliato le forze e i pensieri migliori, fin da quando è stato costruito l’arsenale della marina. Era il 1861 e nasceva l’Italia.
Strappa risate il comico Marco Buzzoni, raccoglie un’ovazione Mauro Giovanardi che duetta con la figlia di Michele Placido, Violante, labbra e scarpette rosso fuoco. Lei in Liguria non è mai stata, dietro le quinte si confida: «Mi piacerebbe vedere le Cinque Terre, devono essere bellissime. Ma non ora, eh»? Non ora. Daniele Silvestri ricorda i sentieri della sua Lunigiana distrutti, dice che la colpa è anche nostra e la natura non merita di essere trattata così. Morgan riscuote gli applausi più convinti con una originalissima interpretazione del Nano di De André, ovvero “Il giudice” da “Non al denaro non all’amore né al cielo”.
«E senza fame e senza sete / senza ali e senza rete / voleremo via…». Canta tutto il palasport, con De Gregori, duemila voci intonano il coro per la metafora che illustra la perfidia della vita e il suo rimedio, l’amore senza vincoli e corresponsioni. Il cantautore romano si inchina e si toglie il cappello, solo per un attimo, di fronte a una Donna Cannone che deve liberarsi dell’alluvione per volare via. Sarà dura, ma ce la farà.
Paolo Crecchi
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L'intervista di Morgan a RadioNostalgia
