Blog - Il Pollo della Valdichiana Archivio, 15 Luglio 2009
Morgan, un lieto imprevisto – di Stefano Duranti Poccetti Alla ricerca dell’antico virtuoso
Sono rimasto veramente colpito dalla performance di Morgan (Marco Castoldi) in occasione della sua esibizione allo “Insanamente Cortona Sound Festival”. Non avrei mai creduto infatti di potermi trovare davanti a un così ottimo conoscitore della musica, e soprattutto a un così ottimo conoscitore del suo strumento, il pianoforte. Si sentono in questo caso gli anni di studio di questo musicista che dimostra una grandissima sapienza strumentale. È soprattutto sull’aspetto puramente melodico della sua capacità pianistica che ho intenzione di soffermarmi e non tanto sulla sua vocalità, che comunque, nella sua particolarità, è affascinante. Dal punto di vista musicale Morgan dimostra di essere intenditore dei diversi generi sonori e dimostra anche di saperli usare alla perfezione. Egli ha impostato il suo concerto strutturandolo attraverso i diversi stili musicali. Genere di musica colta, jazz, blues, leggera … sono stati assemblati sapientemente dall’autore che oramai sembra avere acquisito quella maturità artistica che gli permetta di trovare, da questa sintesi di generi, un suo particolare e individuale modo d’intendere la musica. Tutto lo spettacolo si è svolto in una sorta d’improvvisazione infinita in cui il performer, attraverso passaggi imprevedibili, ha portato avanti il discorso musicale, ed è anche questa un’enorme importanza del suo essere musicista: l’intendere la musica in quanto discorso che parla da solo, senza bisogno delle parole. Se infatti lo spettacolo non è stato esente dal canto, la musica da sola ha posseduto in sé stessa un suo significato e un suo racconto. Questo fattore è stato sicuramente attinto dall’autore dalla musica colta e d’arte (classica), che appunto porta in sé questa qualità di essere auto-portante, ed è incredibile la sagacia di Morgan che inserisce all’interno delle sue esibizioni veri e propri tentativi di musica colta contemporanea, con tanto di poliritmia e di rinunce alla tonalità e anche di musica colta “più conosciuta” – nell’esibizione da me ascoltata Morgan ha infatti eseguito un pezzo di Debussy e altri di Bach – ed è apprezzabile da parte sua che cerchi d’inserire musica impegnata in contesti in cui questa viene di norma tralasciata. Morgan dimostra inoltre una grande preparazione teatrale e scenica, anche questa originale e non scontata, e sicuramente egli ha fatto suo il concetto di virtuosismo dell’ottocento, che manifesta attraverso una serie di giochi scenici – è mancato soltanto il fatto che rompesse le corde del pianoforte – che fanno sì che la quarta parete crolli a favore di un prossimo contatto con il pubblico. Marco Castoldi si è mostrato in scena in qualità di tipo elegante trascurato e con la sigaretta in bocca – forse segnali della decadenza del virtuoso nella società odierna – e ha impostato il suo concerto sull’improvvisazione e sulla difficoltà tecnica (e questa è la caratteristica predominante del virtuoso ottocentesco, che soprattutto doveva riuscire stupire il pubblico). In sostanza Morgan è un nuovo virtuoso dell’era contemporanea; un virtuoso che riassume la sua vasta cultura musicale e che cerca ti trasmetterla al pubblico senza scendere a compromessi.
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