Wired.it, 11 Ottobre 2010
Il musicista racconta pregi (e difetti) del tablet come strumento musicale professionale. E consiglia a Wired.it un sacco di App
Inizia a parlare piano, ma poi si infervora: Morgan è da sempre uno sperimentatore in musica, ma l’iPad è la sua ultima passione tecnologica, la sua croce e delizia. Dopo avere chiacchierato con Jovanotti a proposito di Ping , Wired.it continua a raccontare i musicisti e il loro rapporto con la tecnologia. E non potevamo non parlare Morgan, che non si separa mai dal suo iPad, soprattutto in concerto. Lo abbiamo raggiunto al telefono e in sottofondo sentivamo i suoni del suo tablet e di tutte le applicazioni musicali di cui ci stava parlando, che - ci rivela - sta usando anche per incidere il suo nuovo album di canzoni inedite.
Da quando usi l’iPad per fare musica?
In realtà mi sembra di averlo inventato e pensato io... Ho iniziato con l’iPhone, usandolo durante i concerti come se fosse un sintetitizzatore e un sequencer, facendo dei loop in tempo reale del pianoforte. Tra i due o tre problemi gravi che ha l’iPhone, c’è quello che è troppo piccolo, bisogna avere le dita di un chihuahua, e il fatto che è un telefono: ogni tanto mi arrivavano delle chiamate sul palco. Quindi per me l’iPad è perfetto, da questo punto di vista: un iPhone più grande e senza telefono. E le applicazioni musicali che hanno sviluppato di conseguenza sono commisurate non tanto alle dimensioni, ma al fatto di poterle suonare davvero.
L’impressione che si ha, usando le applicazioni musicali dell’iPad, è quella di giocare. Non sono quindi dei giochi, per te?
Assolutamente no. Sono ben altro: sono degli Open Sound Control. Ti portano a suonare una musica diversa e interessante. La madre di tutte le applicazioni musicali è Bloom di Brian Eno. Spesso i software musicali sono complessi, con troppi parametri: invece la semplicità paga, e Bloom lo dimostra. Ti permette di giocare, ma anche di fare musica seriamente, agendo sui “mood”, concetto su cui Eno lavora da anni. È come Alice nel paese delle meraviglie, che non è solo un libro per bambini, anche se lo si può leggere in quel modo. Bloom lo può suonare chiunque, in molti modi diversi.
Cosa trovi in applicazioni come queste?
Io cerco l’organicità nella musica. Bloom, per esempio, produce suoni randomizzati e fluidi che sui rigidi sequencer tradizionali sono difficili da ottenere. Per me la musica è costituita da nubi, da oggetti di varia natura e qualità presi ovunque, senza preoccuparmi del tempo metronomico o della tonalità. Per me è perfetto un mondo sonoro come quello prodotto dall’iPad: le applicazioni musicali vanno tutte in queste direzione, facendole deragliare dalla tradizionale centricità tonale.
Quali altre applicazioni usi, oltre a Bloom?
AMG: sembra un programma di matematica, perché usa algoritmi e oscillatori, ma con una bellissima grafica. Poi SrutiBoox e Droneo, che sono dello stesso sviluppatore: sono generatori di armonici. È un fenomeno di fisica acustica che attraversa tutta la storia della musica, da Pitagora a Strauss, passando per Mozart, e che con l’iPad finalmente si può spiegare anche ai bambini. Poi ci sono le applicazioni che sono tool musicali, che hanno un aspetto pratico e che vengono usate dai fonici per analizzare lo spettro sonoro, per misurare i decibel, per accordare... O Audio Palette, a cui ha contribuito anche Brian Eno, molto bella e seria: ti permette di importare i tuoi campioni e rielaborarli tramite un’interfaccia grafica che ti fa interagire con diversi loop. È perfetta per fare i DJset. O ancora iShred, che è la migliore applicazione per le chitarre, la uso per fare i suoni dal vivo. E poi le applicazioni della Sonosaurus, con cui ho campionato il mio clavicembalo, o ancora Band Simulator, che ti permette di simulare il suono di un power trio, e Kepler’s Orrery, una rappresentazione sonora del sistema solare.
Quali i sono i limiti dell’iPad come strumento?
Credo che il mio utilizzo artistico dell’iPad non abbia niente a che fare con le intenzioni originarie di chi l’ha costruito. Uno dei rischi di queste applicazioni è appunto che sono “open sound control”, metti in giro lavori che non sai dove vanno a finire, magari in qualche banca suoni da qualche parte sul Web. È come fare l’intarsiatore: se mi dai un pezzo di legno, io lo intarsio. Poi però me lo togli e me ne metti in mano un altro. Ogni tanto mi sembra di lavorare per altri senza saperlo. Poi non c’è nessuna applicazione che ti permetta di cantare sui loop che hai elaborato. La farò io, mi sa.
Quale parte della tua musica si presta meglio all’interazione con le musiche generate dall’iPad?
Sto scrivendo un album, con l’iPad. È molto bello: come dicevo ha una sua organicità, è naturlistico, è ambient...
Gianni Sibilla
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