La Stampa, 25 Novembre 2010
La tivù lo mise al bando, ora lo ripesca. Lui: "Sono di nuovo frequentabile"
Facchinetti ha detto che l'anno prossimo lei e Elio sarete i giudici di X Factor, affiancati da Mara Maionchi e da un quarto da decidere. E la famosa intervista sull'uso di stupefacenti, il Festival di Sanremo che cancellò la sua esibizione, gli strali di chi la riteneva l'incarnazione del male? Tutto perdonato?
«Immagino di sì. Era ora che si rendessero conto che quell'intervista era stata solo una strumentalizzazione. Sto ancora aspettando che quel giornale produca il nastro con la registrazione dell'intervista, ma ormai so che non esiste. Sono stato per qualche mese in Purgatorio, ora sono di nuovo frequentabile. Se la Rai chiama e mi propone X Factor, accetto volentieri anche perché, quando sono stato ospite di questa edizione e ho suonato al pianoforte La sera, mi hanno detto che ho fatto il picco d'ascolti. Picchi mai raggiunti nelle varie puntate di quest'anno».
Qualche settimana fa gli autori del programma hanno fatto un sondaggio per stabilire chi fosse il giudice più amato dal pubblico in tutte e quattro le edizioni. Ha vinto Elio. Che ne pensa?
«Mi sembra una c... pazzesca. Gli autori hanno pensato questa buffonata solo per dare un po' di brio a una trasmissione che languiva».
Ci dica almeno quali sono stati i momenti che ha apprezzato di più e quelli che ha apprezzato di meno in X Factor 4. «Il momento migliore è stata la mia esibizione. Il peggiore? Trovo pazzesco l'uso dell'handicap al posto del talento. Non si possono usare i casi umani per fare ascolti. Quello di Stefano è stato un uso improprio di una deficit fisico per il quale quel ragazzo è stato messo nel mirino. Quando mi si dice che si vuole fare la televisione aperta, quella che dà a tutti la possibilità di esprimersi, mi viene da ridere. Lo dico e lo sottolineo: c'è stata una scivolata autorale incredibile, uno spettacolo pietoso».
Almeno le sono piaciuti gli effetti speciali e le scenografie? Lo show a casa l'hanno visto in pochi ma, come ha detto Elio: se lo vedi dal vivo ti rendi conto che c'è gente in carne e ossa.
«Gli effetti speciali non servono a nulla se dietro non c'è un'idea. Mi lasci pensare (venti secondi di pausa, ndr): Elio si è fatto prendere dalla situazione. Capisco che, quando lavori in un programma, ci siano dinamiche che da casa non si possono nemmeno immaginare ed è giusto che lui le abbia vissute accalorandosi. Per quanto mi riguarda, a me interessa la musica. Del resto, degli ammennicoli, delle luci della ribalta mi frega niente».
Ci si chiede come potrà essere la convivenza fra lei e Elio che, quest'anno, l'ha pure un po' presa in giro con il travestimento della prima puntata: aveva una parrucca «da Morgan».
«Elio può fare quello che vuole e poi sa come far ridere. Se la Rai e Magnolia mi vogliono sanno dove trovarmi».
Luca Dondoni
Fonte
Wired.it, 11 Ottobre 2010
Il musicista racconta pregi (e difetti) del tablet come strumento musicale professionale. E consiglia a Wired.it un sacco di App
Inizia a parlare piano, ma poi si infervora: Morgan è da sempre uno sperimentatore in musica, ma l’iPad è la sua ultima passione tecnologica, la sua croce e delizia. Dopo avere chiacchierato con Jovanotti a proposito di Ping , Wired.it continua a raccontare i musicisti e il loro rapporto con la tecnologia. E non potevamo non parlare Morgan, che non si separa mai dal suo iPad, soprattutto in concerto. Lo abbiamo raggiunto al telefono e in sottofondo sentivamo i suoni del suo tablet e di tutte le applicazioni musicali di cui ci stava parlando, che - ci rivela - sta usando anche per incidere il suo nuovo album di canzoni inedite.
Da quando usi l’iPad per fare musica?
In realtà mi sembra di averlo inventato e pensato io... Ho iniziato con l’iPhone, usandolo durante i concerti come se fosse un sintetitizzatore e un sequencer, facendo dei loop in tempo reale del pianoforte. Tra i due o tre problemi gravi che ha l’iPhone, c’è quello che è troppo piccolo, bisogna avere le dita di un chihuahua, e il fatto che è un telefono: ogni tanto mi arrivavano delle chiamate sul palco. Quindi per me l’iPad è perfetto, da questo punto di vista: un iPhone più grande e senza telefono. E le applicazioni musicali che hanno sviluppato di conseguenza sono commisurate non tanto alle dimensioni, ma al fatto di poterle suonare davvero.
L’impressione che si ha, usando le applicazioni musicali dell’iPad, è quella di giocare. Non sono quindi dei giochi, per te?
Assolutamente no. Sono ben altro: sono degli Open Sound Control. Ti portano a suonare una musica diversa e interessante. La madre di tutte le applicazioni musicali è Bloom di Brian Eno. Spesso i software musicali sono complessi, con troppi parametri: invece la semplicità paga, e Bloom lo dimostra. Ti permette di giocare, ma anche di fare musica seriamente, agendo sui “mood”, concetto su cui Eno lavora da anni. È come Alice nel paese delle meraviglie, che non è solo un libro per bambini, anche se lo si può leggere in quel modo. Bloom lo può suonare chiunque, in molti modi diversi.
Cosa trovi in applicazioni come queste?
Io cerco l’organicità nella musica. Bloom, per esempio, produce suoni randomizzati e fluidi che sui rigidi sequencer tradizionali sono difficili da ottenere. Per me la musica è costituita da nubi, da oggetti di varia natura e qualità presi ovunque, senza preoccuparmi del tempo metronomico o della tonalità. Per me è perfetto un mondo sonoro come quello prodotto dall’iPad: le applicazioni musicali vanno tutte in queste direzione, facendole deragliare dalla tradizionale centricità tonale.
Quali altre applicazioni usi, oltre a Bloom?
AMG: sembra un programma di matematica, perché usa algoritmi e oscillatori, ma con una bellissima grafica. Poi SrutiBoox e Droneo, che sono dello stesso sviluppatore: sono generatori di armonici. È un fenomeno di fisica acustica che attraversa tutta la storia della musica, da Pitagora a Strauss, passando per Mozart, e che con l’iPad finalmente si può spiegare anche ai bambini. Poi ci sono le applicazioni che sono tool musicali, che hanno un aspetto pratico e che vengono usate dai fonici per analizzare lo spettro sonoro, per misurare i decibel, per accordare... O Audio Palette, a cui ha contribuito anche Brian Eno, molto bella e seria: ti permette di importare i tuoi campioni e rielaborarli tramite un’interfaccia grafica che ti fa interagire con diversi loop. È perfetta per fare i DJset. O ancora iShred, che è la migliore applicazione per le chitarre, la uso per fare i suoni dal vivo. E poi le applicazioni della Sonosaurus, con cui ho campionato il mio clavicembalo, o ancora Band Simulator, che ti permette di simulare il suono di un power trio, e Kepler’s Orrery, una rappresentazione sonora del sistema solare.
Quali i sono i limiti dell’iPad come strumento?
Credo che il mio utilizzo artistico dell’iPad non abbia niente a che fare con le intenzioni originarie di chi l’ha costruito. Uno dei rischi di queste applicazioni è appunto che sono “open sound control”, metti in giro lavori che non sai dove vanno a finire, magari in qualche banca suoni da qualche parte sul Web. È come fare l’intarsiatore: se mi dai un pezzo di legno, io lo intarsio. Poi però me lo togli e me ne metti in mano un altro. Ogni tanto mi sembra di lavorare per altri senza saperlo. Poi non c’è nessuna applicazione che ti permetta di cantare sui loop che hai elaborato. La farò io, mi sa.
Quale parte della tua musica si presta meglio all’interazione con le musiche generate dall’iPad?
Sto scrivendo un album, con l’iPad. È molto bello: come dicevo ha una sua organicità, è naturlistico, è ambient...
Gianni Sibilla
Fonte
laprovinciadicomo.it, 15 Settembre 2010
Lasciamo tutto alle spalle, le polemiche scaturite da un'affermazione che, nella Top 10 delle “frasi che inguaiano una rockstar”, è al secondo posto superato solo da Lennon con “I Beatles sono più famosi di Gesù”. Lasciamo alle spalle anche i tre anni spesi a rendere X Factor una trasmissione dove si trattasse anche di musica oltre che di spettacolo. Indietro anche gli ultimi concerti, minimalissimi, solo voce e pianoforte, non sempre a fuoco. Il nuovo Morgan, che arriverà al Moa di Cernobbio venerdì per incontrare i ragazzi, incalzato dall'amico Davide Van De Sfroos, e per un atteso concerto che lo vedrà con i venticinque professori dell'Ensemble Symphony Orchestra di Massa Carrara diretta dall'inseparabile Carlo Carcano (che, da cernobbiese, gioca in casa). Lasciamo alle spalle certi temi scottanti: per Marco Castoldi, in arte Morgan, l'unica vera droga oggi è la musica: «Mi hanno spiegato questi progetti (Musica in rete e Moa, ndr). Trovo che siano bellissimi, molto utili perché la musica gioca un ruolo anche molto importante e positivo».
Perché?
A livello sociale la musica è aggregazione, a livello individuale è introspezione, crescita, richiede una grandissima concentrazione, ore di studio che, però, rispetto ad altre materie, danno un risultato talmente soddisfacente che fa bene all'anima, fa bene alla persone al contrario di quanto accade con altri studi.
Lì cosa avviene?
È sotto gli occhi di tutti: si può passare una vita a studiare una materia che ci appassiona e ci affascina, ma poi non si trova un lavoro, tutto quello studio viene disperso. È un'idea che mette malinconia. La musica, invece, al di là della possibilità di un lavoro, di un riscontro economico, provoca felicità e benessere, fa bene al cervello, ma anche al cuore. Si dovrebbe insegnare sempre, in tutte le scuole, non solo in quelle apposite, nei licei musicali o nei conservatori che restano delle importanti istituzioni, i luoghi migliori per imparare a suonare bene uno o più strumenti, però...
Però?
Ben vengano iniziative come questa, plaudo a una politica a favore della musica, che fa l'interesse di molti invece di quei pochi: la società si sta ripiegando, l'individualismo è esaltato ed esasperato, invece la musica è collaborazione, armonia.
Come avviene con un'orchestra. Un esperimento che nel rock ha qualche precedente illustre…
Sì, ma nel mio caso non vuole essere un appesantimento delle canzoni con la giustapposizione dell'orchestra. Sono pezzi nati così. So che può sembrare strano: quando uno compone in genere parte dall'intimismo della chitarra, del pianoforte. Io, invece, parto già con tantissimi elementi in testa che, finalmente, trovano uno sbocco in questi concerti.
Alessio Brunialti
Fonte
Intervista di Davide Van De Sfroos
Con-Certo Tour
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