La Repubblica, Novembre 2009
SANREMO - Solo una persona può passare con naturalezza dalla divulgazione musicale pop di X Factor al tempio della canzone d'autore, il Club Tenco. Ed è naturalmente Marco Castoldi, in arte Morgan, mercoledì giudice al talent show di Raidue, grande protagonista al teatro Ariston di Sanremo, dove ha aperto l'ultima serata della rassegna con una versione elettronica de "Il mio mondo" proprio di Luigi Tenco, che ha mandato in visibilio un pubblico abituato a toni più soft, acustici e intimi.
Morgan, però facciamo un passo indietro, a X Factor. Perché lei è il caso del momento: mercoledì ha insultato tutti, dal pubblico al conduttore Facchinetti, con gesti e parolacce, solo perché non le lasciavano esprimere un concetto. Un filmato che ora impazza sul web. Che è successo? "Niente, cose che capitano. Non sono pentito e non mi sono scusato con Facchinetti. Anzi, non ci ho proprio più parlato. Era assurdo, non mi lasciavano esprimere un concetto e mi sono ribellato".
Però non è il primo litigio serio di quest'anno. L'impressione è che la terza edizione di X Factor abbia qualcosa che non vada: ascolti bassi, gruppo di giudici mal amalgamato, cantanti che convincono poco.
"È vero, c'è stato un momento di mollezza, ma ora sta tornando appassionante. Per il resto contesto tutto. I cantanti aspettate e vedrete, sfonderanno. I miei quantomeno. Tra i giudici c'è stata la novità di Claudia Mori. Molti dicono che non si è integrata. Io dico che non era facile rimpiazzare la Ventura, la scelta è stata lunga e difficile. Io avevo fatto altri nomi, questo sì, e allora ci saremmo divertiti". >
"Paolo Poli".
Prego?
"Sì, proprio lui. Pensi che spettacolo. E anche Mauro Pagani, ma lì forse è stato lui a snobbarci un po'. Comunque guardi, finché ci sono io X Factor è salvo".
Oh, ecco il Morgan narciso.
"Sul serio. Chi crede che abbia portato in trasmissione gente come De Gregori e Fossati, che oltretutto hanno fatto crescere l'audience? X Factor finirà quando smetteranno di guardarlo i musicisti, perché siamo l'unica trasmissione che tratta bene la musica. Quando mai la De Filippi saprebbe farlo? Anche per questo sto puntando a un repertorio più alto. Quando mai si era sentita in tv la deliziosa satira di costume di Giornali femminili di Tenco? Io l'ho fatta fare a uno dei miei ragazzi qualche settimana fa. Il mio vero lavoro è lottare ogni settimana coi funzionari Rai per la scelta dei brani: la cosa più colta che propongono è Uomini soli dei Pooh, già i Beatles sono troppo vecchi. Anche per questo, è un impegno totalizzante, la tv".
Ecco, non lo è troppo? Quando fa musica?
"Quando posso, cioè la notte. Dormo in trasmissione, ma nessuno se ne accorge. Per fortuna il prossimo disco è già pronto. Anzi, io ho tonnellate di canzoni pronte, tutte nel mio iPhone, a volte su alcune ci mettono un marchio e le vendono. Prima o poi darò qualcosa alla casa discografica".
Il prossimo passo è il secondo capitolo di Italian Songbook, la sua rilettura di vecchie canzoni italiane. Cosa ci sarà?
"Tanta roba, troppa forse. Nino Rota. Marianne di Endrigo. Io che non vivo di Pino Donaggio, Sole malato di Modugno, La ballata di Sacco e Vanzetti. Spero di vincere il premio Tenco, come ci speravo col primo disco, ma hanno premiato Ginevra Di Marco e le sue canzoni popolari. Una scelta di stile".
A proposito di Club Tenco, si è chiusa una edizione di buon livello, anche se con le solite critiche sulla musica d'autore che è morta.
"E chi lo dice?"
Alcuni giornali.
"Non leggo i giornali da quando ha vinto Berlusconi, non voglio rischiare di leggere qualcosa che lo riguardi, se non le sue dimissioni. Comunque chi critica il Tenco è qualcuno che non viene qui. Bisogna venire a Sanremo umilmente, strisciando, godere dell'atmosfera intima e spontanea che c'è qui, della passione vera di chi organizza questa rassegna".
Ma è vero che la musica d'autore è morta o sta poco bene?
"La musica d'autore è morta nel senso che parla spesso di morte. Ed è vero che è rarissimo trovarla dove credi: molti cantautori storici hanno meno voglia di prima. E c'è un'altra differenza: una volta gente come Virgilio Savona e Francesco Guccini sapeva trasgredire e sapeva scrivere, adesso si ha quasi paura di inventare linguaggi. Per questo bisogna guardare altrove, verso i giovani che magari non riescono a emergere".
Per esempio? Chi le piace delle ultime generazioni?
"Tricarico non è per nulla male. Bersani da quando l'hanno fatto segretario del Pd non fa più roba valida. L'anno scorso proprio al Tenco ho ascoltato tipi validi come Luci della centrale elettrica, Giovanni Block, Jang Senato e Banda elastica Pellizza. Quest'anno c'era Dente, che è valido. La gente c'è, ci vuole attenzione, far propagare e propagandare il verbo".
Luigi Bolognini
Fonte
Famiglia Cristiana, 25 Ottobre 2009
Faccia a faccia con il fenomeno di “X Factor”, che in realtà si chiama Marco Castoldi e....
In trasmissione comanda sulla Maionchi e la Mori. Ma chi è davvero, uno o il suo doppio?
«Un po’ tutti e due. Forse».
Il "fenomeno" abita in un camerino che non è arredato, ma addobbato: divanetti rosso fuoco, una paccata di dischi in vinile, un grande Winnie Pooh che occupa una poltrona, manifesti inquietanti alle pareti, la locandina di Io ti salverò, il thriller di Hitchcock con Ingrid Bergman, e nel secondo locale la sala trucco, che, almeno da quel che si vede in Tv, serve parecchio. Inutile negarlo, questo Marco Castoldi, nato l’antivigilia di Natale del 1972 a Milano, è da tanto che prova a stupirci, ma è, senza dubbio, il più grosso caso di divismo televisivo di oggi: X Factor, il talent show che è un esempio di target giovanile perfettamente centrato, è ormai cosa sua. Di Marco, intendo, che poi è soprattutto conosciuto come Morgan, il folletto prepotente, annoiato, sempre vigile, nonostante ogni tanto finga di essere un bradipo con i suoi tipici movimenti lenti, e impone la sua legge. Dialoga con le due partner in giuria, Mara Maionchi e Claudia Mori. L’incontro con Morgan è di quelli che stimolano: si può parlare con lui per ore senza saperne nulla, poi basta una frase perché si tolga la maschera e appaia per quel che è, o che pare, o che vuol sembrare in quel momento. Subito mi spiazza: «Mettiamo un po’ di musica? Scegli tu», e indica la pila di Lp, prende un Thelonious Monk e mi aspetto una partenza a tutto jazz, ma poi opta per la Passione secondo Matteo di Bach.
Di te hanno scritto tutto e il contrario di tutto. Quando con i Bluvertigo siete arrivati ultimi a Sanremo avresti detto: «La gara non ci interessa, le classifiche neppure. A meno che non siano capovolte». Confermi?
«Sì, i Bluvertigo hanno inciso solo tre dischi e praticamente hanno chiuso il loro ciclo a quel Festival, ma con noi, nelle retrovie, c’erano i Subsonica, oggi uno dei gruppi più apprezzati dai giovani. Sono convinto che ancora oggi i nostri tre dischi restano musica moderna».
È corretta la frase che ti si attribuisce: «Sono assetato di musica ma non ce n’è. Così faccio quella che mi piace ascoltare»? E se sì, come mai da tempo non esce un disco tuo, visto che l’ultimo era dedicato a delle cover?
«La frase mi appartiene, in quanto al fatto che non produca più musica è vero per il pubblico. In realtà io con il mio computer scrivo musica, solo che ogni volta la perfeziono o la peggioro e non riesco a decidere se pubblicarla».
Dove finisce Marco Castoldi e dove comincia Morgan?
«Morgan sta prevaricando e invece ci sarebbe tanto bisogno di Marco. Voglio ritrovare la mia identità.Ma di solito non ci riesco. Mi rubo la scena…».
Mica male questo Morgan, decisamente vive in un doppio, un po’ Jekyll e un po’ Hyde, ma senza che in quella doppia identità ce ne sia una malata. È semplicemente un gioco che lo diverte, che sa benissimo controllare, anche se fa finta di aver perso il controllo. Eccentrico nell’abbigliamento, copricapo sempre sorprendente, accostamenti di colore che dovrebbero fare a pugni e invece su di te si abbinano. Ti senti un po’ Lord Brummell?
«Non so chi sia, me lo racconti?».
Lord Brummell era un gentiluomo inglese vissuto tra la fine del Settecento e la meta dell’Ottocento che aveva l’impertinenza dell’eleganza, tanto che sul suo conto c’erano diverse scuole di pensiero, una delle quali sosteneva che era ammesso nei salotti solo per far figura, ma all’occorrenza era in grado di mettere in tutti una specie di complesso di inferiorità con qualche osservazione studiata o con qualche altrettanto studiato silenzio. Charles Baudelaire lo definì l’eleganza che vive e dorme davanti a uno specchio.
Non ti sembra il tuo ritratto?
«Però è Cavalli che mi abbiglia, seguendo la mia personalità, ma non può produrre questi abiti perché, così sostiene, costerebbero un patrimonio».
La prima identità artistica di Morgan – che potrebbe derivare da Morgana, che in gallese antico significava "cerchio del mare", ed è il nome di una fata che appare nella leggenda del Mago Merlino – si nascose dietro il nome di Golden Age. Mi mostra la copertina del suo primo disco, Chains, che lo vede quasi efebico in copertina, al centro di un trio, i Golden Age appunto. Lo volle a tutti i costi Robert Gligorov, fotografo e pittore che era il sosia di Sting, tanto che l’ex leader dei Police lo volle a fargli da testimone alle nozze. «Fu esplicito: Non c’è niente come voi. È stato il battesimo discografico. Poi sono arrivati i Bluvertigo e quindi io!».
E oggi sei il numero uno per l’altra metà del cielo. Una signora non più giovane di te ha detto: "Morgan è tutto". Quindi sai benissimo come ti definiscono le più giovani. Ti compiaci di non essere Marco?
«Mah, io sono stato sempre in mezzo alle donne, ho una sorella, Roberta, ho addirittura sette cugine. Forse ho imparato a capirle e loro se ne accorgono».
Tutto qui? Non è perché ti diverti a essere dolce e mascalzone, aggressivo e disponibile. Insomma, dai un colpo al cerchio e uno alla botte...
«Ho capito, sono "in & out". Ma credimi, non mi interessa che si parli di me. Parla della musica, che è la mia vita».
Va bene, ma allora dimmi: chi, tra i tuoi colleghi che vendono dischi, non possiede l’X Factor?
«Mi vuoi inguaiare?». Diventa bradipo, si allunga sul divano completamente rilassato, ma giurerei che stia borbottando: «Ce ne sono, ce ne sono».
Gigi Vesigna
Gazzetta dello Sport, 24 Ottobre 2009
«Marco era come Borg: grande e depresso. Il Giro? Meglio più trendy»
MILANO - Il Giro a casa X-Factor, il fortunato programma di Rai 2 che scopre i talenti musicali. Abbiamo chiesto a Marco Castoldi, in arte Morgan, 37 anni, nato a Milano e cresciuto in Brianza, il suo rapporto con il ciclismo. «Da ragazzino mi piaceva andare sulla bici acrobatica - racconta Morgan, giudice del programma - avevo quattordici anni, con i miei amici scimmiottavamo gli americani che avevano lanciato il Bmx». Un gran divertimento. «E una gran bella bici: telaio molto piccolo, senza marce, leggera, spartana, sembravamo adulti su biciclette da bambini. Ha anticipato la mountain bike, che è più... da commendatori». Poi? «Ci piaceva il rischio. Tutti sdraiati e uno che saltava sopra con la bici. Altissimo. Eravamo arrivati a otto tutti stesi, ma un giorno l' ottavo si massacrò. Troppo pericoloso, abbiamo smesso». Una passione forte. «Sì, ordinai i pezzi della bici dagli Stati Uniti e montai la bici. Ci misi un anno. L' ho rivenduta nell' 86, ' 87, in quegli anni lì, a tre milioni e duecentomila lire che per quel periodo non erano mica pochi...». Ricordi di sport. «L' ho praticato fino a sedici anni in modo nervoso e vorace perché volevo vincere a tutti i costi. Bici, sci, tennis, poi mi sono dedicato completamente allo spettacolo». Che cosa rappresenta il ciclismo per lei? «Una volta aveva più fascino. Bisognerebbe rilanciarlo e guardare di più all' estetica: dovrebbe migliorare sia chi lo filma sia chi lo racconta. Il calcio funziona anche perché è raccontato bene con tante storie e duelli». E come sport in generale? «Mi piace perché non c' è un motore, c' è la fatica dell' uomo. E' bello il lato acustico. Non sei in uno stadio con le grida, non sei in un autodromo che romba: sei in mezzo alla natura e ascolti il fruscio del vento e le voci della gente». Il Giro parte da X Factor: può diventare più trendy? «Deve essere più trendy: mi auguro ci sia una svolta». Il campione che l' ha entusiasmata? «Marco Pantani. Una figura fantastica, un' anima bella, una rock star. Lo pensavo prima della fine che ha fatto perché è uno come McEnroe, come Borg, campioni rise and fall, che sono andati dalla depressione alla grandiosità. Non borghesucci mediocri. Scriverò una canzone su di lui». Qual è l' X Factor dei ciclisti? «I polpacci. Ma la cosa più importante è non farsi sfruttare, ragionare con la propria testa. Come in tutte le cose l' X Factor è l' intelligenza». g. man. ha detto ACROBATA IN BMX A 14 anni andavo sulla bici acrobatica, tipo bmx. Ordinai i pezzi dagli Usa e la montai. Ci misi un anno. L' ho rivenduta nell' 86-' 87 a 3 milioni e 200 mila lire, che per quel periodo non erano mica pochi...»
Mancini Gabriella
Fonte
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