Random Zone, 7 Dicembre 2003
Incontriamo Morgan allo Zoo Animal Sound, dopo le prove del concerto che avrebbe tenuto quella sera. I suoi musicisti stanno ancora provando gli strumenti e lui deve correre in albergo. Il tempo è poco, ma lui si dimostra disponibile a rispondere alle nostre domande. Ecco quello che ne è uscito...
1- La scenografia dei tuoi spettacoli è molto particolare: un misto tra gli anni sessanta, l’intimità di un salotto di casa e a volte richiama anche lo scenario di una chiesa. Tre elementi che poco hanno in comune tra loro, ma li ritroviamo uniti sul tuo palco. Perché questa scelta?
Morgan: Onestamente l’idea della chiesa non era stata considerata. Forse c’è un’atmosfera un po’ gotica, o comunque ha a che fare con un’estetica un po’ cerimoniale. Il candelabro credo sia la cosa che porta in quella direzione. Però io a casa ne tengo di candelabri normalmente, per cui è conforme al mio gusto. E’ una scenografia che ho ideato io perché il concetto era quello di simulare l’appartamento nel suo stato di decadenza come se fosse quasi crollato il soffitto, e quindi diventa un interno che fu e oggi è un esterno. Questo è successo anche a molte chiese bombardate che non hanno più il tetto e ovviamente non sono più chiese dove si praticano i riti, ma esistono comunque e sono molto suggestive. A me piacciono molto le chiese bombardate da un punto di vista di suggestione, poi, ovviamente, è anche terribile pensare che c’è anche stato il momento in cui sono state bombardate. Ma in effetti questo appartamento ha subito una specie di bombardamento, cioè di distruzione, di crollo, e le canzoni così escono dallo stato di intimità, non sono più interne all’appartamento, ma vengono portate in giro. Ecco perché nella tournèe era il modo di ambientare queste canzoni che fanno parte a quel punto, di un esterno, che subisce anche le intemperie: infatti c’è della vegetazione sul palco, come se fosse piovuto in questo appartamento e fossero cresciute le piante in modo naturale laddove c’erano i mobili. E’ la simulazione di uno stato di abbandono tutto questo, ed è questa l’idea che volevo trasmettere.
2- Nelle considerazioni sul tuo futuro prossimo, hai mai contemplato la possibilità di interessarti alla recitazione o all’improvvisazione teatrale, o comunque ad una sorta di collegamento tra la composizione musicale e la rappresentazione scenica, che già traspare in alcune tue esibizioni?
Morgan: Per me la dimensione recitativa, mescolata a quella del cantare, e quindi della performance musicale, è abbastanza naturale , mi è congeniale, ma non ho mai affrontato degli studi specifici per recitare o degli studi che riguardassero l’uso del corpo, come appunto il balletto o il mimo. Devo dire, però, che in un futuro abbastanza prossimo, mi piacerebbe molto dedicarmi allo studio della danza e del mimo, cosa che mi è sempre venuta naturale, anche se sono autodidatta in quello, e così come nella recitazione e quindi nell’impostazione vocale che non sia il canto, non ho mai fatto esperienze più di tanto impegnative. Ho fatto delle piccole parti in alcuni film, per adesso due. Uno è il film di Battiato, “Perduto Amor”, e l’altro è il film di cui sto componendo la colonna sonora, che si chiama “Il Siero Della Vanità” ed è un film che uscirà in primavera, per la regia di Alex Infascelli; qui recito nella parte del gatto con gli stivali, quindi mascherato ed irriconoscibile dove però canto una canzone. Ora mi sto apprestando a doppiare il personaggio cattivo di un videogioco. E’ la prima volta che faccio il doppiatore. Mi diverto a fare questo tipo di cose, anche se non sono principalmente un attore, anzi non lo sono affatto. Sono ambiti contigui ma molto diversi quelli del far musica e quello del recitare. Ogni tanto si contaminano. Io nei miei concerti, ad esempio, tendo a inserire delle parti di lettura: pagine di romanzo o poesie, senza avere, comunque una costanza in questo tipo di cose, quindi non mi sono mai concentrato particolarmente. L’ho fatto in modo un po’ distratto.
3- Tra le tue idee c’è quella di considerare i Bluvertigo come il luogo della sperimentazione dell’eccesso, del gioco, e di lasciare alla carriera solista il ruolo di rappresentare te stesso. Si presenta quindi un dualismo Morgan-Marco. Il desiderio di dar voce a Marco è giunto solo ora con la maturità, la raggiunta serenità o è stato sempre presente?
Morgan: Mi vengono in mente brani come “I Still Love You”, o “La Comprensione”, brani intimisti e quasi autobiografici. Quei brani sono dei Bluvertigo, ma forse appartengono più alla mia dimensione personale e solistica. E’ strano, però, notare come tu parli di raggiunta serenità. Ti smentisco perché si tratta di una perdita di serenità, per quanto mi riguarda; anzi vorrei cercare di riacquistarla, la stessa serenità che avevo quando scrivevo canzoni inquiete. Infatti quando sono sereno, appagato, felice quando riesco a trovare concentrazione nella musica, scrivo cose inquiete, ma perché riesco a concentrami di più non avendo distrazioni. Ora è da un po’ che vivo un periodo confusionale, di perdita di uno stato d’animo sereno, della quiete, e questo è come se mi togliesse un po’ la direzione musicale precisa, come se fosse sempre più difficile fare delle scelte sagge, ferme, convinte, come se adesso fossi un po’ tremante in quello che faccio, insicuro, estremamente debole, attaccabile, indifeso, e non sono molto contento di vivere questo tipo di situazione; non vedo l’ora di superarla e mi sto molto impegnando in questo, per uscire da questo stato di irrequietezza ingiustificata che, a volte, raggiunge anche dei livelli di passionalità, di tormento romantico e passionale. Tutto questo, però, non è molto amico della musica, perché quando uno scrive le canzoni, deve riuscire a pensare solo a loro e non alle altre cose, come ad esempio le persone da inseguire, o le situazioni da recuperare. Devo riuscire a concentrarmi di più su me stesso, cosa che fanno tutti quelli che svolgono il mio lavoro, e non solo. Normalmente gli artisti sono pieni di narcisismo vomitevole e strabordante, che è poi la molla, il motore principale, di quello che fanno, ma sono persone che riescono ad essere qualcosa solo all’interno di quello che fanno; appena escono da quell’ambito che parla di loro e del loro ego, scompaiono, non sono più niente, anzi non riescono proprio ad uscirne. Io invece, devo dire, che sono anche riuscito a rinunciare ad una megalomania tipica del narcisista, e ho, in qualche modo, rinunciato ad una serie di ambizioni e di presunzioni che fanno parte dell’artista con la A maiuscola, che si crede tale, e ripete continuamente a se stesso “io sono un genio, io sono un’artista”. Io questa cosa non la faccio, e anzi un po’ mi vengono i brividi a pensare che io dico a me stesso che sono un’artista. Tutto questo, però, non aiuta certo la mia carriera, perché mi pone addirittura a volte a livello di pubblico e non più sul palcoscenico. E’ un periodo di conflitto.
*** A cura di Amnesia e Zule *** (Eleonora Brunetti e Elisa Pasetto)
Fonte: http://www.sallon.net/randomzone/?pag=news&tipo=vis&id=65&prov=int
Corriere della Sera, 20 Ottobre 2003
«Per quanto maledetta, la poesia è comunicazione, trasferimento di emozioni da un cuore all' altro, mezzo per conoscere sé e l' esistenza». A fare l' elogio della poesia è un maudit dei nostri giorni, Marco Castoldi, in arte Morgan, leader dei Bluvertigo. Perché l' artista è anche autore della prefazione all' antologia «I poeti maledetti» curata da Paul Verlaine e ora riproposta da «Il Saggiatore» nella collana di poesia «I ladri di fuoco», per cui ha selezionato i titoli il poeta Davide Rondoni. Stasera alle 18 Morgan, ex di Asia Argento e papà di Anna Lou, sarà alla Feltrinelli di piazza Piemonte nella veste di pianista-interprete delle poesie di quella che fu chiamata la «banda Verlaine» e che segnò la poesia occidentale: Corbière, Rimbaud, Mallarmé, Desbordes-Valmore, unica donna tra i maledetti, Villiers de l' Isle-Adam e infine Pauvre Lelian, pseudonimo dello stesso Verlaine. Morgan, che cosa sono i poeti maledetti? «Abbiamo sempre pensato al ""maledettismo"" come rifiuto integrale delle regole, trasgressione, autodistruttività esibita come vanto». Non è così? «No. La poesia è sguardo pietoso sul mondo. Verlaine è un uomo nel delirio ma pieno di entusiasmo. È riuscito a essere allo stesso tempo un grande poeta e critico capace di riscattare dall' oblio i versi spesso inediti dei poeti-idoli che ci fa arrivare con la sua antologia». Da Jim Morrison in poi chi sono i poeti-rocker? «Quelli che hanno contribuito a evolvere il linguaggio della canzone, John Lennon, Lou Reed, Roger Waters dei Pink Floyd ma anche De André, Tenco e Giorgio Calabrese». Perché la poesia resta ai margini? «Per colpa di professori incapaci che la rendono faticosa. Della poesia non è importante l' aspetto filologico o mnemonico ma la spiritualità e i temi che essa esprime - l' amore e la morte - nei quali i giovani possono trovare grande conforto. Verlaine e Rimbaud rappresentano l' adolescente della società moderna».
Veneziani Maria Teresa
Fonte: http://archiviostorico.corriere.it/2003/ottobre/20/Morgan_poeta_maledetto_per_Verlaine_co_7_031020051.shtml
Impatto sonoro, 19 Ottobre 2003
Intervista a un Dio
(c’è stato qualcuno che lo ha chiamato così… chissà se continuano ancora a chiamarlo Dio)
Sto parlando di Morgan. Quello dei Bluvertigo. Capelli cangianti, occhi taglienti, lingua fulminante. Ma se dovessi scegliere un Dio, non sceglierei lui… anche perché a pensarci bene, Dio fece un figlio maschio con Maria. Con Asia lui ha fatto una femmina. Forse lo vedrei meglio nei panni di un diavolo… sì, ha decisamente qualcosa di diabolico nascosto dentro di sé. Te ne accorgi da come scruta la realtà, l’orizzonte. Il diavolo poi non mette paura. Dio sì! Il diavolo è la tentazione, è un ammiccare continuo verso la soluzione facile e repentina. L’emblema del vizio, del peccato, della goduria, della perdizione. Morgan è colui che appare, è carisma al 98% (un 2% di umanità lasciamogliela…).
Questo era ciò che pensavo prima che pubblicasse l’album da solista…
Poi ho ascoltato in tv il singolo “Altrove” e ho detto: “Questo è Morgan! No, aspetta… qualcosa è cambiato… e poi perché il video è così casalingo? Ma che gli sarà successo? D’accordo che ha messo su famiglia, ma lo spirito contraddittorio e provocante che lo animava dov’è finito?”
Non c’è più religione… anche i diavoli ora si sono stancati di essere cattivi – ho pensato.
Faccio un giro con la mia bagnarola in rete e scopro che il sito dei Bluvertigo è in ristrutturazione… ma scopro anche che Morgan s’è fatto un sito tutto suo, che ribadisce la grandezza e la chiarezza del suo progetto: marcocastoldi.com!
E il diavolo si fece uomo!
Basta elettronica, basta Bluvertigo (per ora), basta futuro. Torniamo al passato, ai mitici primi anni ’70… e perché no? Perché non fare nuovo cd vecchio? Perché non creare con le strumentazioni adeguate una specie di onirica macchina del tempo che ci riporti ai fasti del Piper, alle televisioni in bianco e nero, ai colori psichedelici, alle canzoni di Gaber e di Waters, agli arredamenti kitsch, alle conturbanti filosofie di una massa che dopo il boom degli anni ’50, scopre di aver voglia di divertirsi ancora…
Questo e non solo… Non c’è solo uno stile di vita che sembra stia tornando di moda. C’è dell’altro… c’è un dualismo. C’è la canzone intima, in cui si riconoscono dei precisi mittenti e destinatari, delle profonde e personalissime fonti d’ispirazione che Marco ha voluto condividere con il resto del pianeta. Marco non Morgan.
Mentre Morgan rimaneva nel Piper a ballare, Marco passava insonne notti a coccolare la sua bambina… a comporre al piano le melodie che avrebbe liberato e poi rinchiuso nuovamente nel suo ultimo cd.
50 e 50… Metà Morgan, metà Marco. Il punto di rottura e di congiunzione di questa duplice realtà umana è l’appartamento, il luogo dove s’è consumata la cera di questa sua parentesi di vita.
Ma chi è allora Morgan? O Marco (come è scritto proprio sul suo cd!)? Entrambi o nessuno dei due?
Ad intervistarlo, oltre a me, c’era un mito… L’Uomo dalle Equivoche Sembianze! Un personaggio mitologico, mezzo uomo e mezzo baffo… mezzo e mezza. C’è chi lo definirebbe “Biadesivo”. A me piace ricordalo così… stretto nel suo cravattino, languido nella voce e nei movimenti, impantanato nella sua capigliatura mod gelificata… Un uomo con la O maiuscola! Fiato alle trombe… che la sfida inizi!
UES: giornalista idiota non facente parte del nostro staff
GG:Giovane Giovanni, chitarrista di Morgan
Mao: Ciao… Riccardo.
Morgan: Ciao! Morgan.
Mao: …o Marco…?
Morgan: Morgan o Marco, preferisco! Cioè Morgan-O-apostrofo-Marco… tipo O’Brien!
Mao: Ok. Cominciamo con una domanda… A te dà fastidio la stupidità?
Morgan: Sì, molto spesso sì. Ma anche la mia.
Mao: Quindi non ti posso fare domande stupide…?
Morgan: No, perché? Poi, anche il fatto che mi dia fastidio non è che impedisca a te di farle. Tante cose a me danno fastidio ma esistono. Quindi… se vuoi! Sei tu poi che ti assumi la responsabilità…
Mao: Vabbè magari per me possono sembrare stupide…
Morgan: Ma per te cos’è una domanda stupida? Fammi un esempio di domanda stupida…
Mao: Io a volte, anzi spesso, trovo stupida la banalità…
Morgan: Appunto… ma fammi un esempio di domanda banale e stupida
Mao: Vediamo un po’… ne ho scritta qualcuna. Ti posso chiedere come sta la bambina?
Morgan: Va bè, ma questa non è una domanda stupida! è una domanda intelligentissima… Io direi semplicemente che sei un po’ timido!
Mao: Forse sì…
Morgan: Però, guarda… com’è… “Excusatio non petita, accusatio manifesta”. Questo vuol dire in latino che “Una scusa non chiesta è un’accusa esplicita”. Quindi tu non devi dire che le tue domande sono stupide. Falle e basta! Se uno è stupido, magari ti giudica male… però… Questa domanda quindi merita una risposta. La bambina sta molto bene… ed è molto bella.
Mao: Mi fa piacere… avrà preso dalla madre…?
Morgan: Ecco… questa è stupida! (allegria… fortunatamente suscito ilarità e simpatia. Per questa volta niente occhi neri!)
Mao: Senti… continuiamo con un’altra domanda stupida, se permetti. Ora che sei in tournee, l’appartamento a chi lo hai affittato?
Morgan: Ah, non è mio l’appartamento… per cui, non lo so. Una volta son passato via, ma non son riuscito a capire. Probabilmente è sfitto. Non c’è dentro nessuno. Stanno rivivendo i fantasmi. Ci sono le tapparelle abbassate. Il balcone privo di fiori, quindi probabilmente non c’è nessuno che vive lì dentro, se non I RICORDI…
Mao: Capisco… Oltre all’attività di cantante e musicista, ti sei dato alla produzione. Hai prodotto l’ultimo lavoro di Mao (Non io, ovviamente!) se non sbaglio…
Morgan: Tra l’altro, son molto orgoglioso di quel lavoro, che mi piace molto come disco… anche se non ha avuto una grande fortuna commerciale. Ritengo che sia stato il primo passo per me verso la musica “d’altri tempi”; in qualche modo una specie di premessa delle canzoni dell’appartamento. è l’anticamera…
Mao: Se non sbaglio era una colonna sonora… di un film…
Morgan: No! Mao in quel momento stava facendo anche una colonna sonora… però non c’entra il disco. “Black Moquette”. Non c’entra nulla…
Mao: Secondo te, perché non ha avuto successo?
Morgan: Non lo so… Io credo che ci siano stati anche dei problemi politici legati al rapporto tra Mao e la casa discografica… delle cose in cui io non c’entro. E’ stata sbagliata un po’ la promozione su quel disco. Forse sono stati sbagliati i tempi d’uscita… cose comunque tecniche legate alla produzione, perché molto spesso né il successo, né l’insuccesso si possono attribuire esclusivamente al contenuto dell’album, ma a tutto quello che ci sta anche intorno a un album, che è proprio il modo in cui lo si comunica, lo si diffonde.
Mao: Problemi di produzione, in pratica…
Morgan: Sì, problemi di comunicazione, di promozione, di video, di partecipazioni televisive, radio, eccetera…
UES: Ehm… dal vivo esegui svariati brani dei Bluvertigo in chiave magari un po’ più leggera, più accessibile, se non altro per quanto riguarda le sonorità, gli arrangiamenti. Mi sembra di capire che sei ancora molto legato al materiale vecchio, basti pensare a “Cieli Neri” che è vecchia ormai di 11 anni… la suoni spesso, anche con cambi di piano, passaggi recuperati da tempo… o cose del genere… (un uomo, un perché. Forse a “un uomo” in questo caso ci va l’apostrofo…) Ma c’è qualcosa che faresti diversamente adesso?
Morgan: In realtà sono legato a questi brani perché li ho scritti io, cioè nel senso che l’arrangiamento è un vestito che uno mette su una canzone, ma l’ossatura, la colonna vertebrale della canzone sono gli accordi e il testo. Il resto è bello che sia passibile di rinnovamenti, che sia costantemente in evoluzione. Oppure, provare anche a travestire le canzoni, no? Quindi, sto sfruttando il fatto di avere una band diversa dai Bluvertigo per dare nuove vesti a canzoni comunque alle quali sono legato e che rimangono canzoni che mi piacciono. Le ho scritte, non le rinnego di certo. Poi fanno parte di un passato che non è poi tanto remoto, quindi non avrebbe senso… non sono certo nei panni di Sting o di Paul McCartney, innanzitutto per differenza di notorietà… ma anche perché i Bluvertigo non sono un’esperienza di trent’anni, fa ma semplicemente di tre anni fa. è inutile far finta che questo passato sia così lontano. è un passato abbastanza vicino. ANZI, “Altrove” ad esempio è una canzone il cui ritornello io ho scritto mentre stavo scrivendo “Zero”, l’album dei Bluvertigo. Per cui addirittura ad esempio è più vecchia de “La comprensione”.
UES: Sempre riguardo agli arrangiamenti, così… c’è stato ovviamente un cambio di strumentazione, del tipo… mentre nei Bluvertigo c’erano le nord lead, questo tipo di cose qui… adesso utilizzate Jaguar e… cose di questo tipo… ms-20… (il “Giovane Giovanni”, chitarrista di Morgan, che gli siede accanto, lo bacchetta… ma parla a bassa voce e le sue correzioni non arrivano né alle mie orecchie, né tanto meno a quelle dell’UES che continua imperterrito nel dimostrare di sapere l’intero catalogo dell’Emporio Musicale a memoria… beato lui!) ma anche l’effettistica, gli amplificatori… mi pare che con i Bluvertigo avevate 3 ampli digitali… Com’è stato registrare l’album nuovo… tuo… l’album da solista… con questo tipo di strumentazione e magari c’è anche una nuova commmist… bleahh (non riesce a dire “commistione”)… un nuovo incontro per diversi musicisti, perché ciascuno di essi proviene da un contesto diverso… In base a quali criteri li hai scelti? Da dove provengono?
Morgan: L’approccio mio nei confronti della musica è un po’ da “esploratore”, cioè mi interessa andare in territori che non conosco, approfondire la conoscenza di queste terre, costruire qualcosa, poi però cambiare… cioè, continuare ad esplorare, no? E in questo momento, la mia esplorazione sta andando in una direzione molto precisa che è quella che puoi definire “musica organica”, puoi definire “musica elettro-acustica”, puoi definire “musica d’altri tempi” nel senso che c’ha un sapore vintage… e quindi non mi metto ad utilizzare molte macchine digitali, soprattutto dal vivo, perché non avrebbe senso… sarebbe “andare fuori tema”, no? Ho sempre dei paletti, delle strutture, dei sistemi costruiti a priori, prima di ogni processo creativo che faccio… Esattamente in questo disco… L’idea della sonorità di questo disco nasce prima di farlo, non mentre lo faccio… e quindi…
UES: Per cui i brani sono stati scritti quasi appositamente… per quell’idea sonora che avevi… quindi è nata prima l’idea sonora che le canzoni…
Morgan: Esatto. Per cui tu con i Bluvertigo ti riferisci all’epoca mod, che era quella di “Zero” e della tournee che è venuta dopo “Zero” dove il nostro intento era quello di… era una specie di utopia… di non usare nessun tipo di valvola o amplificatore sul palco ma praticamente riuscire a fare tutto entro un computer, un convertitore digitale… E l’abbiamo superata questa prova, nel senso che c’è stato un pezzo di tournee in cui il palco era completamente muto, a parte la batteria… perché tutto entrava dentro in un computer, in una stazione che elaborava i suoni, che aveva dei plug-in automatizzati e gli effetti venivano messi dal nostro fonico o in tempo reale, oppure addirittura programmati prima perché suonavamo con un time-code, con un sincrono. Quindi era stato tutto programmato durante le prove. Devo dire che è l’esperienza proprio contraria a quella che sto facendo adesso… sono approcci che mi sento di approfondire, perché mi interessa la molteplicità… Mi piacciono molti aspetti della musica, ecco… Non sono uno che va a senso unico, che ama solo un tipo di cose. Poi, la musica elettronica è UNA mia passione… ma lo è anche la musica classica, la musica anche “meccanica”, non solo quella elettronica… Quindi… C’è stata per esempio una fase dei Bluvertigo, che è “Metallo Non Metallo”, in cui l’intenzione era quella di “far dialogare” le due anime, quella elettronica e quella elettrica… e tutto il disco è all’insegna del “dialogo” tra questi due universi opposti, ma che appunto come due poli opposti si possono attrarre… o respingere… (a me a scuola hanno insegnato che i poli opposti si attraggono e basta…Propongo di assegnare il Premio Nobel per la fisica a Morgan!) o coesistere anche… sovrapporre… C’è un brano, ad esempio, “Le arti dei miscugli” che secondo me è l’esempio di come, in quel momento, potessero coesistere la nostra anima elettronica “sequenziale” e quella invece funky, da jam session…
Mao168: Parlavi del clima “vintage” che c’è nell’album… parlavi anche di “esplorazione”… Ma come sei partito in questa esplorazione? Quale molla ti è scattata per andare ad esplorare questi “spazi passati”? E pensi che questo riprendere le sonorità del passato sia diventata una moda… o lo stia diventando?
Morgan: Mah, sinceramente mi è venuta anche un po’ per rigetto della troppa elettronicità della musica che sentivo in quel periodo e mi riferisco più o meno a due anni e mezzo/ tre fa… Quando cominciavo a sentire delle cose che mi sembrava di aver già fatto anni prima… cioè che non mi dicevano più niente di nuovo… e che tutti, anche quelli che magari avevano sempre suonato delle cose che assomigliavano ai Led Zeppelin, mi venivano a dire “Ah, adesso farò musica elettronica… adesso lavorerò con il sequencer, con il campionatore… ho scoperto Pro-Tools”. Mi sembrava che l’elettronica stesse diventando un po’ inflazionata e allora… così, un po’ anche con un’estrema spontaneità legata veramente alla mia necessità di ascoltare della musica PER ME nuova… e sono andato a riscoprire un sacco di band inglesi anni ’60 o cantautori italiani… qualche band americana…
Mao168: Nomi Nomi!
Morgan: … Non lo so… Beach Boys, Van Dyke Parks, Scott Walker, i Walker Brothers… ehm… inglesi: i Kinks, Small Faces…
UES: …si è parlato molto anche di David Sylvian, per quanto riguarda le influenze…
Morgan: Bè, David Sylvian in realtà è un discorso diverso perché secondo me rientra più nelle influenze dei Bluvertigo… non tanto del mio album solista… e comunque anche il cantautorato italiano, gli arrangiamenti… che poi alla fine faceva per lo più Ennio Morricone… e anche Giampiero Riverberi. Insomma, erano sonorità che mi hanno entusiasmato in maniera del tutto spontanea e in quel momento ho proprio sentito l’esigenza di fare una musica di quel tipo, soprattutto partendo dal fatto che mi ero messo a scrivere canzoni… ero RITORNATO a scrivere canzoni al pianoforte. Invece nell’ultimo periodo dei Bluvertigo, di “Zero”, le canzoni le avevo scritte proprio al computer direttamente.
Il Giovane Giovanni: Questa era la prima volta che tu approcciavi ai cantautori italiani o da piccolo, da giovanetto avevi ascoltato…
Morgan: Avevo sempre ascoltato ad esempio De Gregori, De Andrè, Bennato… cioè erano cose che… anzi soprattutto, prima della scoperta della musica psichedelica, parlo dei Pink Floid, dei King Crimson, dei Jethro Tull, dei Tangerine Dream… che sono stati la cosa che ascoltavo nel primo album dei Bluvertigo. Prima di quella fase lì, scrivevo canzoni un po’ sinfoniche, tra virgolette, perché ascoltavo “Spoon River” di De Andrè oppure… mi piaceva “Rimmel” di De Gregori. Mi piaceva molto anche Finardi, ad esempio… mi è sempre piaciuto molto. Album come “Sugo” o “Diesel”.
GG: Però quelli son più cantautori anni ’70… e mi interessava sapere qual era il tuo rapporto con la musica… non la musica degli anni ’60, è brutto dirlo… ma con la musica precedente, prima dei cantautori politicizzati… Era una cosa che hai sentito così, vagamente…? perché per radio, poi, sempre quelli andavano…
Morgan: Guarda, in realtà però io c’ho un rapporto molto stretto con quella musica là, soprattutto NON in termini di sonorità, ma…
GG: Ma è evidente! è qualcosa di quasi inconscio… no?
Morgan: Ma infatti! Perché praticamente io ho iniziato a lavorare con la musica a 14 anni facendo il piano-bar, praticamente… sotto diverse forme, cioè… nelle crociere, negli alberghi, negli american bar, alle feste private, nei matrimoni… però comunque, da quando ho avuto 14 anni fino a 20 anni, per 6 anni, ho fatto questo di lavoro… e me ne andavo in giro a suonare… anche nelle piazze, ho fatto di tutto, no? Proprio… Il “mercenario musicale”. E molto spesso mi venivano fatte richieste, perché il pubblico era vecchio, era attempato… cioè partiva dai quarant’anni in su, no? Quindi io, sedicenne, mi trovavo a suonare per gente di sessant’anni che voleva ballare canzoni di Battisti, o che voleva ballare “Una rotonda sul mare” o “Sapore di sale”, e a quel punto ero costretto a impararmele. Però non ascoltavo le versioni originali. Io prendevo gli spartiti e me le inventavo, in qualche modo… poi chiedevo: “E’ così? è veramente così?”. Magari ogni tanto c’era qualcuno che mi dava una mano, mi diceva: “No, guarda è così…”. Oppure mia madre, che suona il piano, mi aiutava anche a interpretare in modo giusto quelle canzoni là, che però non ascoltavo nella loro versione originale. Infatti, l’ascolto degli arrangiamenti originali, per esempio di “Sapore di sale” è avvenuto negli ultimi mesi. Io non l’avevo mai ascoltato.
GG: Neanch’io…
Morgan: Oppure “Non arrossire” di Gaber, che ho messo anche nell’album, io l’ho sempre suonata al piano-bar, ma facendone una versione proprio dallo spartito…
UES: Mi pare che poi Battiato ti aveva corretto…
Morgan: Battiato, sì… aveva sostenuto che gli accordi erano diversi. Io lo sapevo, ma li avevo cambiati apposta… cioè, non è che ho sbagliato…
UES: Volevo chiedere: l’ambigramma sul tuo cd è stato disegnato da Hofstadter, e mi ricordo che c’era un periodo nei Bluvertigo nel quale in molte interviste lo menzionavi. Volevo sapere come è nata l’amicizia, anche perché mi ricordo… l’avevo letto da qualche parte, che avevi detto: “L’avevo provato a contattare via e-mail, però non ho mai ricevuto risposta.”. Come è nata l’amicizia quando aveva la cattedra a Bologna e…?
Morgan: In realtà quando aveva la cattedra a Bologna io sono andato, mi sono iscritto al suo corso, l’ho seguito tutto e l’ho conosciuto “da studente”, diciamo… poi chiaramente, sono stato un po’ favorito dall’amicizia che ho con Stefano Bonaga, che è insegnante di teoretica a Bologna… e lui è amico personale di Hofstadter. Ci ha fatto conoscere e Hofstadter è rimasto molto colpito da alcune mie doti numerologiche all’interno della mia musica e ha fatto ascoltare più volte “Zero” ai suoi figli…
Mao168: Senti un po’… il video di “Altrove” gioca sull’effetto della censura. Che cosa volevi ottenere?
Morgan: Bè, innanzitutto volevo veramente censurare delle cose che non si potevano far vedere… perché se no, non l’avrebbero trasmesso… e poi, è un fatto meramente visivo… è quasi una specie di indovinello visivo… cercare di intuire che cosa c’è dietro quel tipo di censura. E poi, in realtà, siccome questo video NON E’ stato filmato con l’intenzione di farne un video-clip, sono per forza entrate delle cose che non sarebbero entrate se quello fosse stato filmato con l’intenzione di farne un video. Quindi per forza poi ci siamo trovati in sede di montaggio a optare per la censura di alcuni oggetti.
UES: Emh… sul tuo sito avevo trovato delle informazioni riguardanti anche l’incontro con Sepùlveda e anche il fatto che tu stessi scrivendo un testo sui “Romantici”, mi pare… però poi non ci son state altre informazioni… Potresti parlarmene magari un po’?
Morgan: Io stavo facendo… sto facendo… e l’ho fatta, adesso, una prefazione della nuova edizione de “I poeti maledetti” di Paul Verlaine. E questo è il mio ultimo lavoro letterario, diciamo così… uscirà il 20 Ottobre per la casa editrice “il Saggiatore”.
UES: Mentre invece Sepùlveda?
Morgan: Sepùlveda è all’interno di una manifestazione culturale milanese che si chiama “La Milanesiana”. Sepùlveda era presente come ospite… e io anche! Quindi, nonostante la diversità assoluta e una mancanza di punti di incontro, se non nel fatto che io lo rispetto come autore e lui non conosce me come musicista… Direi che è stata una cosa molto estemporanea. C’era anche Pino Cacucci quella sera. è uno scrittore. Ci siamo conosciuti e lui ha amato molto la mia interpretazione di alcuni classici perché quella sera io suonavo in programma musiche di Schumann, Listz, Scriabin, Satie, Casella… e mi sembra… basta!
Mao168: Abbiamo conosciuto il Morgan con i Bluvertigo, abbiamo anche conosciuto il Morgan solista… Quante altre facce ha Morgan?
Morgan: Non lo so… questo lo chiederei a qualcuno dei miei “ragazzi”… Quante facce ha Morgan? (rivolgendosi a GG e gli altri “compari” che ora gli fanno da cornice e da sfondo contemporaneamente…) Un “compare”: Infinite facce…
GG: Anche finite però…
Il “compare” di prima: Infinite facce finite…
Morgan: Ecco… un bell’ossimoro!
Squilla il cellulare… Brevissima telefonata. Inutile gossippare… niente donne! Si tratta di un certo “Paolino”…
Mao168: E andando un po’ più sul serio… hai in mente qualche altra cosa? Visto che io parlavo appunto di “facce” come progetti! So che ami la musica classica… Hai mai pensato di fare un disco di musica classica?
Morgan: Io sì! Però la casa discografica un po’ meno… nel senso che “non ci vogliono sentire”. Ora per esempio sto lavorando ad una colonna sonora che ha molto di “classico”, ma pare che non la vogliano pubblicare perché le prospettive di vendita sono scarse…
UES: Pensi di farla uscire magari sul circuito indipendente?
Morgan: No, perché quando uno è legato ad una major non può fare neanche “scappatelle”… Peggio di un matrimonio!
Mao168: Ma è una colonna sonora di un film esistente o una colonna sonora immaginaria?
Morgan: No no, di un film esistente, che uscirà in Gennaio. Si chiama “Il siero della vanità” e la sceneggiatura è di Niccolò Ammanniti e la regia di Alex Infascielli. Questa è la colonna sonora. Non la pubblicheranno, però!
UES: La metti magari su Internet…sul sito… no? Da scaricare…? Neanche?
Morgan: No, ma io combatterò fino all’ultimo per farla pubblicare… per cui ti dico… Adesso, oggi come oggi, non la vogliono pubblicare, ma forse ci riuscirò… con qualche ricattino!
UES: Cosa ne pensi dei nuovi gruppi che si rifanno anni ’80 tipo “Faint”, “Lady Tron”, “I, Robot”… ti senti una sensazione come del tipo: “Te l’avevo detto che ritornavano?”, alla luce del fatto che in Italia, oggi come oggi, gli anni ’80 non piacciono?
Morgan: In un certo senso mi inorgoglisce il fatto di essere arrivato prima di loro a fare determinate cose. Dall’altra parte mi pento di averle fatte 5 o 6 anni prima perché non ne ho tratto dei benefici economici. Alcune cose mi piacciono… I Faint, ad esempio… l’album mi piace. Lady Tron anche… gli altri non li conosco. Mi piacciono i Fischer Spooner…
UES: Che è uno, mi sembra… un dj tedesco…
Morgan: …un dj tedesco però che ha fatto questo progetto da Los Angeles, credo… e mi è piaciuto molto il disco dei Fischer Spooner. Anche se è un po’ come “la scoperta dell’acqua calda”.
UES: “A livello indipendente gira da una vita, e tu invece ci sei arrivato adesso…” o una cosa del genere…? In che senso “scoperta dell’acqua calda”? (il ragazzo conoscerà pure “L’IradiDDio” versione rimasterizzata, ma i modi di dire non li conosce…)
Morgan: Eh, che probabilmente ora il pubblico è più disposto ad accettare quelle cose, ma per me non c’è tanto gusto… non ci sarebbe più gusto nel farle oggi e infatti credo che la nuova incarnazione dei Bluvertigo non sarà per niente legata agli anni ’80.
UES: Che avete intenzione di fare?
Morgan: Secondo me piuttosto agli anni ’20…
GG: …gli anni ’40…
Morgan: Ma scusa Luigi Russolo… cioè, “Il risveglio di una città”… musicista italiano futurista… cioè, il primo nel mondo ad usare uno strumento che lui chiamava “Intona-rumori” ma praticamente è il nonno del campionatore! Cioè, quest’opera qui, che secondo me è datata 1914… (…secondo te o secondo la storia?Mi sa tanto che Morgan si fa anche di carbonio-14…) cioè, sto parlando di qualcosa che al confronto, Trent Reznor è… è… un apprendista! Quindi citare gli anni ’20 non significa fare “Dixieland”. Potrebbe anche essere “fare la musica più rumorista che c’è”!
Mao168: Senti… Ti va di parlarmi dell’ultima emozione che hai provato?
Morgan: Mah… l’ultima emozione che ho provato… Sai che non lo so…? Citando un mio amico: “Troppe emozioni rendono insensibili”. Quindi… io ne provo talmente tante che è come non provarne…
Mao168: Me l’aspettavo un po’ come risposta…
UES: Una cosa che ho visto accadere molto negli anni passati, anche con i Bluvertigo, era il fatto di scoprire, tipo anche come nei primi dischi di Brian Ferry, è il fatto che i fan scoprivano artisti dopo aver ascoltato i loro miti… nel senso che… per esempio, quando Brian Ferry… ehm… io arrivo ad ascoltare Brian Ferry perché qualcun altro, tipo tu, l’hai menzionato, così… (ci tengo a precisare che ho riportato le parole testuali pronunciate da ques’uomo. Per chiunque volesse, è in mio possesso una registrazione.)e dopo questa consapevolezza… ehm… era volontario il fatto di voler riportare nel panorama del pop nomi che comunque erano finiti nel dimenticatoio da parecchio, come Luigi Tenco, Umberto Bindi…?
Morgan: Guarda, anche io sono stato portato ad ascoltare Scott Walker, per esempio, per via di Bowie e Brian Eno, che ne parlano nel diario di Brian Eno. Oppure ad ascoltare a mio tempo Talking Heads perché i Duran Duran dicevano che David Byrne era il loro compositore preferito. Quindi è normale che esista questo tipo di “staffetta”, di “trasmissione del sapere” per via dello scambio generazionale… cioè dello scarto generazionale. Quindi essere coetanei aiuta nel senso che è più facile per un mio coetaneo approcciare alla mia musica e poi, quando magari scopre che dietro la mia musica c’è qualcos’altro, andarselo ad ascoltare… io lo trovo così naturale. è lo stesso procedimento che ho fatto io con i miei beniamini e continuo a fare, nel senso che, appunto come ti dicevo, Scott Walker l’ho conosciuto solo perché leggendo Brian Eno e Bowie parlavano di Scott Walker e allora ho detto: “Ma chi sarà mai questo che ha ispirato Bowie?”.
UES: Pensi che quando sarai più vecchio, tipo come dice McCartney “When I’m 64…”, ti sembra giusto, anche se faticoso, doverti ritirare? Per esempio, questa è la mia opinione…
Morgan (rivolgendosi a GG): Ma Paul McCartney è gia sixtyfour?
GG: Eh… aspetta…
Morgan: Quasi… almost… almost… lui è del ’39 no? Fra poco è sixtyfour…
UES: Fregato eh? Ritieni giusto… eh… qual è la tua opinione… Pensi che ti ritirerai… per esempio, anche gli ultimi album di David Bowie… “Reality” e “Heaven”… mi sembra molto rassegnata la sua imposizione, nel senso: mi sembra uno che ha molto da dire, ma lo fa in modo rassegnato. Anche, per esempio, David Sylvian mi sembra uno che ormai…
Morgan: No, Sylvian invece… “Dead bees on a cake” è bello, eh…
UES: No, ma dico l’ultimo, quello che è uscito quest’anno…
Morgan: Bè, quello è un disco strano… che però non… non c’è la rassegnazione dentro. C’è piuttosto una volontà di “essere ancora in bilico”, di essere espressionista ancora… non mi sembra “seduto” David Sylvian… Bowie sì! Bowie probabilmente è in un periodo di crisi economica, perché Bowie basa i suoi lavori su i suoi lavori precedenti, no? Cioè, nel senso: se un disco ha successo e gli permette una… o un disco o un progetto, perché lui non guadagna solo con i dischi… Quindi se è in una situazione economica fortunata, si permette di fare dischi strani. Viceversa, no. Secondo me questa volta c’ha qualche problemuccio, e quindi vuole fare un album che per me assomiglia molto a “Never let me down” dell’’87. L’ho sentito molto simile a quello, come atteggiamento musicale.
UES: E “Tour de France” dei Kraftwerk (pronunciato in inglese)? …che a me non è piaciuto granchè…
Morgan: Non l’ho sentito molto… Ho sentito solo il singolo: “Tour de France” (pronunciato correttamente in francese!). L’hai sentito?
UES: Sì sì sì… cioè io ho sentito il disco…
Morgan: No, bè li trovo sempre piuttosto coerenti… lo devo dire onestamente. “Monolitici”, anzi…
UES: Ok, ti faccio l’ultima domanda. Dal mio punto di vista, dopo l’11 settembre, anche dopo l’inizio delle guerre di Giorg Dabliù, molti artisti hanno ritrovato… hanno sentito necessario fare musica più immediata. Per esempio i Radiohead, lo stesso Bowie per esempio… mi sembrava anche un po’ tu. Tu cosa ne pensi?
Morgan (alzando la voce): IO non ho mai visto… non ho mai associato i disastri che avvengono in questo mondo con l’immediatezza della musica, anzi normalmente…
UES: …cioè, tipo i Radiohead, due dischi, non si capiva cosa stessero usando (non “si capiva”… non lo capivi TU!)…
Morgan: Bè, io li amavo molto quando tu dici che “non si capiva”, perché io capivo perfettamente, invece. Il problema è che quando uno vuole fare qualche cosa di molto ambizioso, di molto stravagante, di espressionista, di “storto”, di cubista… non so come definirlo… viene sempre tacciato di incomprensibilità. Trovo molto comprensibili dischi come “Amnesiac” dei Radiohead…
Mao168: …e “Kid-A”…
Morgan: …e “Kid-A”… cioè, assolutamente comprensibili, anzi molto più del loro ritorno, che poi non so neanche se si può parlare di “ritorno”, a una limpidezza maggiore; però, comunque del loro ritorno ad una forma un po’ meno caotica. Li preferivo CAOTICI. Ci sono talmente tante band che copiano gli U2, o che fanno canzonette con tre accordi, scimmiottando Bob Dylan, Neil Young e Lou Reed, cantando come i Simple Mind… Non sopporto più quel tipo di confezione pop. Per cui, il fatto che i Radiohead andassero totalmente in un’altra direzione, pur avendo le caratteristiche di essere i nuovi U2, pur avendo le possibilità di prendersi lo scettro de “La Nuova Rock’n’Roll Band Più Grande Del Mondo”, no? …io li amavo molto in quel periodo. Così come amo le stranezze dei Blur, quando fanno album come 13, o come l’ultimo! Li trovo interessanti, li trovo molto più interessanti di tanti altri gruppi… come i Coldplay, per dire…
ATTENZIONE: UES (Uomo dalle equivoche sembianze, descritto più sopra) NON fa parte dello staff di www.impattosonoro.it
Riccardo Pirozzi
Fonte: http://www.impattosonoro.it/2003/10/19/interviste/intervista-a-morgan-2/
Corriere della Sera, 5 Ottobre 2003
Al liceo musicale «Vincenzo Appiani» di Monza, Marco Castoldi, alias Morgan, già cantante del gruppo Bluvertigo, ora in tournée da solista con «Canzoni dell' appartamento», è arrivato per un patto con i suoi genitori. «Avevo dieci anni, - ricorda - suonavo la chitarra ed ero affascinato dalla musica Pop. Desideravo tanto un sintetizzatore, ma i miei genitori furono risoluti: avrai il sintetizzatore,m i dissero, ma dovrai studiare il pianoforte classico. Così arrivai al liceo Appiani di Monza». Quali ricordi hai di quel periodo? «Tutti belli. Mi piaceva andare a lezione a piedi. La scuola era nella bellissima casa degli Umiliati, nel centro storico di Monza. Già prima di entrare dalle finestre si sentivano violini, flauti, pianoforti, chitarre: un' atmosfera magica». E gli insegnanti? «La mia insegnante è stata per dodici anni Annamaria Fumagalli, una bravissima pianista. A lei devo molto di quello che sono ora. Mi ha aiutato molto nell' interpretazione pianistica». Sei rimasto in contatto con lei? «Veramente no, perché la vita poi mi ha portato ...""Altrove"", ma mi piacerebbe sapere che è orgogliosa di me e che mi segue, anche solo ogni tanto, nelle apparizioni in televisione». Quale consiglio dai a un ragazzo con la passione per la musica? «Di seguire la sua inclinazione perché studiare musica è bello, come leggere poesie: è qualcosa che crea non solo conoscenza, ma anche benessere».
Annamaria Fumagalli: «Marco, un bel talento che amava sperimentare» Dalle prime lezioni di solfeggio alle esecuzioni più impegnative di Bach. Annamaria Fumagalli, insegnante di Morgan al liceo musicale «Appiani» di Monza, racconta gli esordi di uno dei musicisti più innovativi del pop italiano. «Per me è stato e sempre sarà semplicemente ""Marco"". L' ho conosciuto che aveva 10 anni, seguendolo nei suoi studi. E lo seguo ora, con interesse e orgoglio». Qual è il primo ricordo che ha dell' allievo Marco Castoldi? «Ho subito capito che aveva talento e che amava differenziarsi dagli altri. Anche nel look. Già da adolescente portava abiti eccentrici. Aveva il pallino della musica leggera, studiava da autodidatta la chitarra e il basso. Con me seguiva lezioni di pianoforte classico e amava approfondire ogni brano. Gli piaceva molto sperimentare». Era davvero un alunno modello? «Per la verità non studiava moltissimo e, nell' ultimo periodo, frequentava saltuariamente perché impegnato in concerti e registrazioni. Stava per sostenere l' esame dell' ottavo anno in conservatorio, ma non si è presentato. Peccato perché meritava il diploma». Avete mai discusso della musica che già allora scriveva? «Mi faceva sentire le sue composizioni e chiedeva il mio giudizio. Non sempre condividevo le sue scelte. Per chi ha una formazione classica è difficile capire un' esecuzione di musica leggera». Lo sta seguendo nella sua carriera da solista? «È da molto che non lo sento, i suoi primi Cd li ho avuti in regalo. Ora ho acquistato l' ultimo e l' ho trovato molto maturo. E' riuscito a fare emergere tutta la sua sensibilità».
Fonte: http://archiviostorico.corriere.it/2003/ottobre/05/Morgan_Devo_molto_quello_che_co_7_031005037.shtml
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