Tutto, Dicembre 1999
“La storia dei BLUVERTIGO non inizia con in Bluvertigo. Non è la storia di una band ma quella di un progetto. E le due cose si intersecano perché è una storia dove ti accorgi che molte cose si possono fare, altre no, altre invece si fanno nonostante non si voglia. La storia dei Bluvertigo quindi è la storia di persone che cambiano. Questo è l’incipit.” (Morgan)
Ma quando nascono i Bluvertigo?
Morgan: “Non nascono nell’88 ma è quello l’anno della nascita di un progetto che porterà ai Bluvertigo. Alla festa di un mio amico quando avevo sedici anni, mentre suonavo il pianoforte, cercando di far ballare qualcuno, conobbi Andy. Era il periodo dei Depeche mode di Strangelove e dei Beastie Boys di You Gotta Fight For Your Right To Party. Fu subito un colpo di fulmine. Ma io avevo già un gruppo, I Lizard Mixture, nome tratto dal testo di New Moon On Monday dei Duran Duran”.
E il gruppo di Andy invece?
Andy: “ Io non avevo un gruppo. Facevo breakdance”.
Ah, scena hip hop: strano!
Andy: “No, direi cultura house-electro-breakbeat stile Street Sound...”.
Morgan: “Fatto sta che Andy è entrato nel corpo di ballo dei Lizard Mixture che poi comunque si sono sciolti”.
E tu cantavi e suonavi il basso?
Morgan: “Io suonavo le tastiere e cantavo, non per mia volontà ma solo perché non c’era nessuno che avesse la voce adatta. Dicevo sempre: “quando arriverà qualcuno con la voce adatta mi sostituirà”. Ed è così anche oggi: quando troveremo un cantante buono mi sostituirà”.
E poi cosa è successo?
Morgan: “Si riparte con Andy e Fabiano Villa (che poi ha militato coi Rapsodia) e si forma così un nucleo di precursori delle boy-band che scriveva musiche ballabili.. Ma purtroppo eravamo in anticipo sui tempi. Senz’altro se avessimo sedici anni oggi saremmo un gruppo come i Backstreet Boys. Sfortunatamente siamo incappati in quest’ultimo... sprazzo di amore per la musica”.
Come si chiamava questa band?
Morgan: “Eravamo diventati gli Smoking Cocks! Dal cognome di Andy che è Fumagalli”.
Andy: “Vuol dire anche Cazzi Fumanti, ma l’abbiamo scoperto dopo”.
Morgan: “Nome che porta fortuna perché abbiamo fatto il botto subito: concerto a Monza con centinaia di persone. Siamo diventati famosissimi. A Monza. Appena usciti di lì non ci conosceva nessuno”.
Andy: “Così arrivò un signore che ci getto nelle fauci delle multinazionali”.
Così gli Smoking Cocks hanno fatto un cd?
Andy: “No. L’hanno fatto i Golden Age, nuova incarnazione del gruppo con tanto di contratto con una major di tre dischi più due. Eravamo minorenni e siamo andati a Monaco a mixare dove abbiamo imparato cose straordinarie”.
Morgan: “Dopo tre mesi eravamo già nel cassetto. Dimenticati”.
Andy: “Ovvero quella situazione strana in cui avverti di essere stato abbandonato dalla tua major che non crede più in te e smette di fare qualsiasi cosa. Piombammo così in piena ricostruzione. Ci siamo sciolti e abbiamo cambiato vita e musica”. Morgan: “Abbiamo conosciuto Livio e Sergio, formato i Bluvertigo (?) e con tempismo perfetto il nostro primo cd è uscito in piena atmosfera... grunge!”. E così un nuovo insuccesso...
Morgan: “Sì, eravamo ancora una volta in anticipo sul ritardo. Solo adesso cominciamo ad esser capiti”.
Fonte: http://digilander.libero.it/sitorez/Interviste/Story.htm
Rocksound, Novembre 1999
Avevate già in mente questa trilogia all’epoca del primo album oppure è venuta fuori strada facendo?
Morgan: “Era una intuizione che avevo avuto già ai tempi di “Acidi e basi”, chiaramente non sapendo come la avrei poi sviluppata. Ma sapevo che volevo fare una trilogia di questo tipo. La prima cosa da evidenziare sono le iniziali dei titoli che si ricollegano all’alfabeto: “a” e “b” di “Acidi e basi”, “m” di “Metallo non metallo”, che sta in mezzo e tra l’altro è un disco speculare e simmetrico, e adesso “z” di “Zero”. Secondo me questi tre dischi sono molto simili tra loro dal punto di vista sonoro e credo che abbiamo quasi esaurito la nostra ricerca in quella direzione. Sono dischi sui generi e lo è ancora di più questo nuovo album. “Zero” è un disco all’insegna della circolarità”.
Quasi un concept dove lo zero torna sempre...
Morgan: “Si, anche sotto forma di quelli che sono per me, i sinonimi dello zero. Si tratta di un numero che ha un casino di significati. L’album è stato concepito come un vecchio album in vinile, con un lato A e uno B. Si tratta di un tipo di struttura formale che serve a razionalizzare quelle che sono delle emozioni. Visto che ho iniziato con la musica classica, trovo che uno degli aspetti più interessanti ed evoluti di quel tipo di musica definita colta è proprio il fatto di formalizzare, di ragionare sulla forma. Il rock, certe volte, è invece talmente istintivo e urgente che finisce per annullare qualsiasi ragionamento intorno ad esso: è pura energia, punto e basta. E a me questo non sta bene più tanto perché credo che oggi come oggi ci vuole più complessità. Il rock’n’roll puro e semplice, per intenderci alla Rolling Stones, lo trovo anacronistico oggi. Bisogna rendere complesso quello che facciamo”.
Si nota come sempre una notevole cura dei particolari...
Morgan: “C’è in noi un amore per l’arte a tutto campo e per la creatività in generale. Fare dei dischi non deve quindi limitarsi a scrivere e produrre canzoni perché sarebbe un limite. Ogni disco, video o copertina è una occasione per espanderci creativamente e mettere in pratica quella che è il nostro desiderio e la nostra visione dell’arte. Considero i Bluvertigo più un laboratorio che una band, e questo ci permette di andare in varie direzioni”.
PUNTI DI ARRIVO
Prendendo molto dal passato, siete arrivati ad avere un suono Bluvertigo...
Morgan: “Si, anche se in realtà ci hanno accusati di fare cose troppo variegate e senza una direzione. Tanto è vero che nel caso della produzione dei La Sintesi, molte recensioni hanno messo in evidenza come in quel caso ci fosse invece una direzione precisa. Una costola dei Bluvertigo può essere il suono dei La Sintesi ma non ci accontentiamo di afre solo questo. Per me non è incoerente avere un brano che sia techno e subito dopo rock’n’roll. In questo caso Bowie è un maestro”.
Siete soddisfatti del percorso del gruppo, album dopo album?
Morgan: “Si, anche se essere soddisfatto non porta mai a molto. Il nostro percorso è stato fatto con naturalezza e in questa terza fase della trilogia si ritorna ad una certa ingenuità degli albori, un pò come se questo disco fosse un “Acidi e basi”, vissuto però alla luce delle molte esperienze che abbiamo fatto. Non è più un disco di distacco come lo era il precedente, ma un lavoro molto più emotivo. La sostanza non cambia. É come Bowie che continua a cambiare abito ma quello che lui vuole comunicare è sempre lo stesso”.
Andy: “Fondamentalmente il disco è un buon punto di arrivo, lo vedo molto come il coronamento di un progetto. É più a fuoco e sono convinto che chiudiamo la trilogia con la massima espressione. Mi intrigano lo sviluppo sonoro e l’approccio musicale. L’apprendere la tecnologia digitale ci ha permesso tante cose”.
Andy, “Forse” è cantata interamente da te ed è la prima volta, almeno all’interno di un disco. Come ti sei trovato ad interpretare un testo scritto da Morgan?
Andy: “Ne sono lusingato. Devo dire che il grande imbarazzo è stato cantare in italiano, e non solo per la mia pronuncia brianzola. Mi ritrovo molto nel testo scritto da Morgan, è come cantare delle cose che penso realmente. É una canzone molto differente dalle altre dei Bluvertigo e quindi andava forse messa in risalto anche a livello vocale. É come un omaggio a Martin Gore dei Depeche Mode, il mio artista preferito in assoluto”. Morgan: “Andy ha comunque sempre cantato durante i nostri concerti ed è una cosa che facevamo in passato, prima ancora dei Golden Age anche, quando eravamo gli Smoking Cocks (traduzione del cognome di Andy, ovvero Fumagalli) nei quali cantavamo io, Andy e Fabiano dei Rapsodia. Chi scriveva cantava. Poi con i Golden Age, è stato deciso che ero io il cantante per una scelta del produttore. Credo che adesso si possa superare tutto questo perché io non sono un cantante. Canto perché non c’è nessun altro”.
Poni sempre i tuoi testi all’attenzione degli altri per avere un loro giudizio?
Morgan: “Si, io scrivo molte cose ed ogni volta mi piace leggerle agli altri e chiedere un parere. Trovo che se i livelli di interpretazione possono essere molteplici, l’intenzione che si vuole comunicare non può invece essere fraintesa. Se io voglio fare ridere devo riuscire a capire se quella cosa fa effettivamente
ridere, ed è la stessa cosa se voglio commuovere. Non posso non centrare l’obiettivo. Mi piace quindi sottoporre quello che scrivo all’attenzione di chi mi fido”.
É un peso per te essere il cantante e quindi il front-man?
Morgan: “Non lo vedo come un peso e molte volte lo trovo anche divertente. Finche sono io l’autore di questi pezzi e di questi testi, mi sembra più logico che sia io a parlarne”.
Come mai la cover di “Always crashing in the same car” e non un brano più noto di Bowie?
Morgan: “Proprio perché si tratta di un suo pezzo minore che nessuno ricorda perché è passato inosservato”.
Lo facevate anche con “Here is the house” dei Depeche Mode, però con un testo in italiano...
Morgan: “Anche questa volta avevamo una versione in italiano ma alla fine abbiamo preferito l’originale in inglese. Devo dire che per quanto riguarda il concetto di cover, trovo che sia abbastanza inutile fare un grande successo. La cover è un’operazione che può essere interessante per un gruppo come il nostro che lavora sulle sonorità. In questo caso “Always crashing in the same car” è un pezzo stupendo che andava rivelato perché nella sua versione originale era come mascherato, sommerso da un insieme di suoni ed effetti. Stessa cosa per “Here is the house” che trovo uno dei brani più belli dei Depeche Mode, ma che era arrangiato in modo inferiore anche rispetto ad altri pezzi. É proprio la volontà di vedserlo trasformato che ti spinge a fare una cover, assieme anche al desiderio di farlo conoscere agli altri. Ogni volta che a me piace qualcosa, ci tengo a farlo conoscere ai miei amici. In questo caso è come dare un suggerimento ai nostri fan o rivelare i nostri gusti”.
IL PARAOCCHI DELLA COERENZA
Le altre case discografiche sono alla ricerca di nuovi Bluvertigo...
Morgan: “Sbagliano! Il nostro successo è stato lento e con “Metallo non metallo” siamo entrati in classifica molto dopo la sua uscita. É un disco molto fuori dagli schemi commerciali. A livello di marketing siamo stati un esempio originale e quindi diventiamo un modello di gestione. Abbiamo conquistato del terreno passo dopo passo, gustandoci ogni piccolo momento e soprattutto restando sempre lucidi”.
Andy: “Abbiamo creato soprattutto un precedente perché un disco come il nostro con quel tipo di vita nella prima fase sarebbe finito nel cassetto. La tipologia di marketing adottata dalle case discografiche ci avrebbe fatto finire nel nulla”.
Molti gruppi cercano invece di scrivere la loro “Altre forme di vita”.
Morgan: “Quella canzone ti viene da sola, non va cercata. Per cui ogni operazione artificiale o tentativo di ricreare questa cosa è fallimentare in partenza”.
Andy: “É anche l’errore del discografico che pretende il ritornello radiofonico. “Altre forme di vita” fa parte del progetto “Metallo non metallo” ma non è stata scritta con l’obiettivo di avere una hit”.
A voi invece quelli della vostra casa disocgrafica hanno chiesto un’altra canzone come quella?
Morgan: “Appena hanno sentito i pezzi del nuovo disco non hanno avuto niente da dire. Un pezzo come “La crisi” ha messo subito d’accordo tutti e poi abbiamo canzoni come “Soprappensiero” , “Niente per scontato” o “Sono come sono” che sono cose completamente diverse dal precedente disco ma dall’impatto altrettanto comunicativo. Sono quindi molto contenti anche se il nostro disco è comunque un lavoro articolato e lungo che richiede vari ascolti. Ci sono dei lati che colpiscono subito e altri contenuti che scopri dopo”.
Come mai secondo voi i Bluvertigo danno ancora fastidio a qualcuno?
Morgan: “Sostanzialmente penso che i Bluvertigo siano spesso consapevoli che quello che fanno sia originale mentre molti vivono il rock in Italia come qualcosa di frustrante e spesso hanno astio nei confronti di gente come noi che si diverte nelle interviste o a fare i balletti. Vedono il nostro divertimento e la nostra goduria nel sentirci espressi e questo genera in loro invidia. Credo che sia un fatto di frustrazione. Poi molte volte, e questo riguarda soprattutto me, sono una persona particolarmente polemica che ama fare della critica, perché dove c’è critica c’è ragionamento. Questa cosa provoca spesso giudizi severi da parte di chi non è d’accordo con me. Anche questo è comunque interessante.
Andy: “C’è anche un altro discorso di base, la maggior parte delle band nate nel buio degli ultimi sette anni di rock italiano vivono uno schieramento con paraocchi rispetto a quello che fanno. É il famoso discorso del ricco che si veste da povero: ostentare la crudezza e andare nel centro sociale da schierato, o comunque con un approccio molto violento e poco elastico si scontra con il nostro modo di vedere le cose. Questa nostra versatilità nei confronti dei contesti può dare fastidio”.
Morgan: “Diciamo che sono tutti abituati ad andare avanti con il paraocchi della coerenza e vedono come una sorta di bizzarra incoerenza il nostro amore della contraddizione. Questa denota invece mancanza di elasticità da parte degli altri. Con il nostro atteggiamento, ovvero con quello che facciamo e che diciamo, siamo molto più punk di quelli che dicono di esserlo. In realtà questi fanno le stesse cose che fanno tutti da sempre, gridano gli stessi slogan, spaccano la cose. In realtà sono dei cartonati, dei prodotti di un pensiero altrui e non c’è indipendenza reale. Secondo me sono impauriti dal nostro essere veramente indipendenti”.
Fonte: http://digilander.libero.it/sitorez/Interviste/I%20racconti.htm
Rockol, 10 Ottobre 1999
10 ott 1999 - Pesce freddo a volontà: i Bluvertigo presentano il nuovo album in un ristorante giapponese. La presenza di Enrico Ghezzi e Elisabetta Sgarbi sottolinea che tra poco verrà pubblicato da Bompiani "Dissoluzione", "libro metamorfico di versi inediti" curato e voluto dalla Sgarbi con l'introduzione del guru televisivo. Tutto questo per affermare una volta di più che i Bluvertigo sono anche, e sempre, "progetto", più che gruppo musicale. Gruppo ambizioso, che pranza al tavolo dei grandi (Battiato, Alda Merini, Mauro Pagani, il fonico David Richards che c'era quando Bowie incise "Always crashing in the same car" per “Low” e ha voluto esserci per la versione incisa dal gruppo monzese nello studio dei Rolling Stones...). Troppo "progetto" e troppo poco gruppo musicale forse, visto che Morgan chiede ai giornalisti: «Come vi sembra il disco?» e ottiene un silenzio sul quale non è il caso di sorvolare. Dopo un po' si comincia a intuire il problema. Ad esempio quando viene spiegato che il titolo è "Zero" perché il primo album della "trilogia chimica" iniziava con la "A" di "Acidi e basi", il secondo si chiamava con la lettera centrale "M" ("Metallo non metallo", e notare il preziosismo della "O" esattamente nel centro...), e quindi questo doveva iniziare con la "Z" lettera finale dell'alfabeto.
Oppure quando Livio, il chitarrista, comincia a parlare del sistema brevettato per i concerti: «Computer sul palco che faranno da fonte sonora, ripresi da telecamere, e nessuna cassa. La gente potrà vedere cosa sta facendo il computer». O ancora, quando per un attimo si pensa che si parlerà di contenuti, di (usiamola, la brutta parola) "messaggi", perché qualcuno ha chiesto conto della frase di Malcolm X campionata in "Versozero". «Sì, dice "Dobbiamo cercare di assumere un comportamento che ci faccia sembrare intelligenti". L'abbiamo scelta dall'archivio de "La voce della storia" perché ci piaceva il suono».
Sono o vogliono sembrare così i Bluvertigo, quindi se alla fine si parla più di forma che di sostanza, probabilmente il tutto fa espressamente parte del "progetto". C'è pochissimo spazio per la vita reale, e viene fuori nel sottotitolo del disco: "Zero, ovvero la famosa nevicata dell'85". «In quella settimana la Lombardia fu soggetta a una memorabile nevicata che bloccò tutte le normali attività, costringendo la gente a fare qualcos'altro. Io avevo 12-13 anni, e fu in quei giorni che realizzai che nella vita avrei fatto questo.
Obbligai i ragazzini che abitavano vicino a me a prendere in mano uno strumento e dissi loro: siamo una band. Anche se non sapevano suonare». Parole di Morgan, ovviamente, sempre più leader del gruppo. Mentre Andy il tastierista si fa notare soprattutto per il look (sempre più Depecheggiante), il giovane Castoldi spiega che il disco è ottimista, anzi, «un'ipotesi di ottimismo», risultato di un «taglia e incolla come quello suggerito da David Byrne per il suo "Feelings"». Un disco che si compone di due parti di otto brani ciascuna ("l'otto come giustapposizione di due zeri, simbolo dell'infinito"), composto e inciso in casa senza l'aiuto di nessuno; «e il suono discende dal metodo». Battiato compare in due brani. «Ho fatto di tutto per essere notato da lui, per cui non lo biasimo».
Per quanto riguarda il libro, i fans del gruppo troveranno in "Dissoluzione" «il lavoro letterario svolto da me in questi ultimi anni, poesie in forma di poesia», più un posterone di Morgan Castoldi da Monza, e un inedito su cd intitolato "Canone inVerso". «Un progetto complesso», specifica il cantante. Il tour invece inizia il 18 novembre a S.Vittore di Cesena (Vidia Club, ingresso 27.000 lire), e termina l'11 dicembre a Rimini (Velvet).
Fonte: Rockol.it
Caffè letterario, 25 Giugno 1999
Ti consideri un buon lettore?
Sì, direi di sì.
Qual è stato il tuo primo libro?
Il mio primo libro ricorre nelle mie ossessioni, ed è stato un libro di Eric Malpass "Alle sette del mattino il mondo è ancora in ordine" [edizione Bompiani ora fuori catalogo, ndr]. Una lettura che ho fatto a scuola, alle medie, e che mi era piaciuta molto. Non ho più visto quel libro in giro, né in libreria né casualmente su una scrivania. E, non avendolo più trovato, rimane solo un ricordo. Magari non esiste...
Quello più divertente?
Un libro di Douglas Hofstadter, Godel, Escher, Bach, edito da Adelphi, che in realtà non sembrerebbe così divertente come io voglio venderlo; tuttavia è talmente creativo e bizzarro nella sua costruzione e anche nelle tesi che affronta e negli intendimenti, che ci si può molto divertire con questo spirito di grande libertà letterario-matematica, filosofica: una specie di grande zibaldone della nostra epoca.
Preferisci un genere particolare?
Dopo che ho affrontato la lettura di Hofstadter il mio genere è diventato questo, ma purtroppo non è facile trovare titoli analoghi. Sono saggi a metà tra la speculazione scientifica e quella filosofica. Diciamo che il punto di incontro può essere considerato la scienza cognitiva. Quindi Hofstadter, ma anche Einstein... mi piace la riflessione dello scienziato.
Hai qualche testo che ti sia servito per ispirazioni di tipo musicale?
Per ispirazioni musicali no, perché generalmente non sono mai partito, come invece si fa per il poema sinfonico, dal tema letterario per trasformarlo poi in musica, tendo a fare il contrario: è più una musica che mi fa venire in mente una storia. Ma questo perché io sono più portato a vedere e sentire con l'attitudine del musicista: per me tutto è musica. Il verbo per me non è la parola, è la nota.
L'ultimo libro che hai letto?
Sto leggendo I racconti di Heinrich Boll.
E un consiglio particolare?
Uno degli ultimi libri che ho letto integralmente. Si tratta di un'autobiografia, Vita di Carmelo Bene: un testo molto interessante.
Giulia Mozzato
La Stampa, 14 Febbraio 1999
Morgan: io, maledetto non lascio la mamma
Morgan, lei e' il leader dei Bluvertigo. Quando siete nati?
"Nel '92. Sette anni fa siamo sorti dalle ceneri di un altro gruppo, il Golden Age".
Lei come ha capito di essere una rockstar?
"Non l'ho mai capito. Pero' al liceo classico quando studiavo i poeti maledetti ho avuto dei sospetti. Ho individuato atteggiamenti da rockstar nei personaggi piu' carismatici della storia da Cristo a D'Annunzio".
Lei si sente molto carismatico?
"Questo devono dirlo gli altri".
Ma lei voleva fare il poeta?
"Forse il filosofo. Ma non sono stato capace, allora ho scelto una maniera piu' semplice di raggiungere la comunicazione".
Lei scrive i suoi testi?
"Si'. Nasce tutto da li'. Credo che il successo dei Bluvertigo sia da imputare ai testi".
Cos'e' il "canone inverso"?
"Per Bach e' il brano musicale che si puo' leggere anche al contrario. Nel mio caso e' una canzone recente e inedita dei Bluvertigo che uscira' forse con un libro".
Battiato e' il suo maestro?
"Si', per quanto riguarda l'Italia e i testi italiano direi di si', mentre per quanto riguarda l'estero il mio maestro e' David Bowie".
Lei perche' si tinge i capelli di un colore, poi li ritinge di un altro?
"E' una sorta di mascheramento protettivo, divertente e necessario".
Perche' necessario?
"Perche' ne sento l'urgenza, l'uopo. E' come se fosse conforme alle regole dell'ambito che frequento".
E che ambito frequenta?
"Quello della comunicazione, un'arte considerata spesso bassa e cioe' la canzone. Per riuscire a cambiarne le regole bisogna comprenderle, frequentarle e modificarle".
Ma a cinquant'anni portera' il doppiopetto blu, si tagliera' i capelli e lavorera' in banca?
"Eh no, ho lavorato tutta la mia breve vita per non diventare cosi'".
E come immagina di diventare?
"Il futuro non mi spaventa, non sono attratto dai film di fantascienza, le ipotesi mi annoiano".
Lei quindi non e' un sognatore?
"Si', ma si puo' sognare nel passato e lo trovo piu' divertente. Si possono sognare anche le cose che si realizzano, ma quelli sono obiettivi esistenziali, non sogni veri e propri".
Com'e' nella vita privata?
"Sono divertente, non mi stanco di intrattenere amici e sono molto gioviale".
Come mai vive a Monza?
"Vivo con mia madre, una vita serena e non ho esigenze di andare altrove. Milano e' vicina e Monza e' molto meno caotica".
Lei lavora molto?
"Si', moltissimo. Generalmente di notte. Devo dire che e' imbarazzante ma dormo di giorno come un panettiere".
Che rapporto ha lei con il pubblico e con i concerti?
"Con il pubblico ho un rapporto conflittuale. Spesso mi accorgo che non hanno capito nulla".
Pero' lei ha successo?
"Per il momento. Le stelle sono a me favorevoli, ma devono cambiare e ci sara' una curva e li' finalmente alcuni misteri si sveleranno. Ho scritto una canzone nel 1993 che si chiamava "Decadenze" dove intendo dire che tutto comincia quando sta per finire".
Andra' a Sanremo?
"No, assolutamente no, perche' non mi piace. Non mi stimola, non da' stimoli alla musica, alla cultura e si perde tempo. Spesso sono uscite cose ottime da Sanremo che non hanno fatto altro che confermare la mediocrita' di quel palco. Ma trovo inutile parlarne male, basta non guardarlo".
Lei pero' e' una grande minoranza in Italia...
"Non e' vero. Fino a prova contraria nei nostri 170 concerti fatti quest'anno, se si calcola una media di 5000 persone a serata, si puo' fare un calcolo di quanti ragazzi antiSanremo esistono in Italia. Sono persone stanche della comunicazione del Grande Fratello: la tv, le riviste, la politica".
Lei odia la tv?
"No, diciamo che mi annoia. Mi piacciono i film e al limite i telefilm ma non amo il varieta', il talk show o il prodotto televisivo come puo' essere anche la stessa pubblicita'. Mi stanca il formato e la piccolezza della televisione. Quando ci saranno schermi da 25 metri, comincero' forse ad interessarmi".
E la radio?
"A volte ha punte di interesse, tranne nelle ore diurne in cui si sentono solo notiziari sulla viabilita' o cattiva musica".
Ma tanto di giorno lei dorme...
"Si', ma le volte in cui sono sveglio preferisco non ascoltare la radio e fare conversazione. La musica non deve essere di sottofondo. La musica richiede la massima concentrazione nell'ascolto. Non mi piace per esempio quel tipo di jazz che e' concepito per il sottofondo".
Ma lei legge?
"Si', abbastanza. Testi di matematica, logica e filosofia. Voglio che quello che leggo sia importante. Leggo solo grandi romanzieri come Kafka, Hemingway o Schnitzler".
E quando gioca a tennis?
"Non piu' purtroppo. Al massimo due volte all'anno. A 14 anni stavo per diventare un classificato e vincevo tornei".
Allora perche' non ha fatto il tennista?
"Perche' forse il pianoforte rappresentava una sfida, essendoci gente molto piu' brava di me".
Ha visto il film di Tornatore "La leggenda del pianista sul l'oceano"?
"Si', l'ho trovato sentimentale, una storia assurda. Le musiche del film sono belle ma quello che per me e' il capolavoro di Tornatore che forse gli e' venuto per caso e': "Una pura formalita"'".
E le donne?
"Sono stupende".
Lei ne ha molte o ne ha una sola?
(Silenzio) Dopo una pausa: "Sarebbe come chiedere a un filosofo se e' per l'uno o per il molteplice, questo e' un quesito che rimane sempre aperto".
Quindi lei ha deciso di vivere con la mamma.
(Ride) "La vedo pochissimo".
Quante volte va dal parrucchiere?
"Faccio tutto io. Mi manipolo da solo. E' una specie di gioco. Ogni tanto e' vero vado dal parrucchiere, per rilassarmi".
Perche' si veste sempre di nero, non le sembra un po' banale, gia' visto?
"C'e' chi sostiene che il male e' banale".
Banalita' per banalita', in va canza lei va al mare o in montagna?
"Non vado in vacanza perche' non so scegliere".
E cosa sa scegliere?
"So scegliere la velocita' di un pezzo. Pero' per tornare alle vacanze forse la penso un po' come Adriano Celentano che sostiene che la vacanza non esiste per chi ama il suo lavoro. Si va in vacanza da qualcosa per scapparne".
E lei non scappa?
"Io sono costantemente in fuga da me stesso".
Perche' non si piace?
"Diciamo che ho delle questioni, dei turbinii, dei seri dubbi e a volte non mi comprendo".
E allora canta?
"Allora suono, perche' cantare viene dopo".
Alain Elkann