ROCKIT
Pop / Sony BMG Records
di Nur Al Habash, 24.04.2009
L'idea di partenza è bella, o quantomeno interessante: la triste constatazione che nell'Italia degli ultimi trent'anni la musica abbia contato meno di zero, diventando specchio della cultura di un paese intero che copia al posto di creare, che invece di anticipare le tendenze arriva sempre in ritardo, e che per questo non riesce ad imporsi adeguatamente in un dibattito internazionale. La soluzione, secondo Morgan, potrebbe essere quella di cancellare tutto, far finta che non sia successo niente e ripartire dai tempi d'oro con una sorta di cover album al contrario in cui si cantano delle canzoni italiane talmente belle che Elvis ce le rubava per ammiccarle alle teenagers americane.
Durante questo esperimento di alfabetizzazione musicale mister Castoldi ha deciso di scrollarsi ogni responsabilità compositiva, non suonando né riarrangiando nulla rimanendo (a suo dire) un mero cantante impegnato nella riproduzione pedissequa di grandi canzoni, probabilmente per consegnarle al grande pubblico cercando il più possibile di mantenere la loro sacralità culturale. Peccato, però, che il risultato sia disastroso.
Sarà che questo delegare ad altri il lavoro sporco non è stata esattamente una grande idea, o sarà che la sua voce, assoluta protagonista incontrastata del disco, non è di certo all'altezza di un Tenco o un Modugno, ed ha senso solo se incorniciata nei ghirigori armonici che lui stesso, di solito, si cuce addosso come il migliore dei sarti, ma l'impressione finale è che si tratti di un disco da pianobar, con arrangiamenti posticci ricoperti da interpretazioni forzate. La sensazione è un po' la stessa di quando volendosi avvicinare ai grandi della musica italiana si va a comprare una raccolta di grandi successi per poi scoprire, una volta messo su il disco, che si tratta di reinterpretazioni postume che hanno addosso tutta la stanchezza e la volgarità del tempo. Patetiche due volte perché rovinate dagli stessi interpreti originali.
Ecco, qui Morgan fa anche di peggio. Avrebbe potuto utilizzare il suo straordinario talento di compositore per dare nuova vita a bellissimi pezzi di un'altra epoca, farli conoscere al grande pubblico sotto una veste diversa ed inedita che avrebbe rinfrescato la memoria a chi ha dimenticato troppo in fretta distratto dagli spot televisivi, o a chi, semplicemente, a quei tempi non era ancora nato.
Lo slancio filologico, ancor prima che filantropico (pur apprezzabile), si annulla invece in un album mediocre in cui si torturano canzoni intoccabili come "Il cielo in una stanza" o "Lontano dagli occhi" con la scusa di lasciarle al loro vecchio splendore, con in più la pedanteria di ricantarle ben due volte ognuna, prima in italiano e poi in inglese; e se è vero (come dichiara in un'intervista al Corriere) che "l'idea che la musica stia nelle teche di vetro e che non possa essere ripresa in mano e riutilizzata è un'idea fascista" è vero anche che toglierla dalle teche per usarla come megafono per il proprio ego è altrettanto fascista.
Ed è "fascista" anche pensare che per riportare la musica italiana al suo dovuto splendore ci sia per forza bisogno di santificare l'arte del dopoguerra a discapito di tutto quello che è stato prodotto nel frattempo, -quello sì- dimenticato sotto quintali di ciarpame televisivo e plastica culturale, dal meccanismo aberrante che Morgan stesso addita affranto come causa della bassezza artistica del nostro paese.
Forse saremo smentiti dalle prossime uscite, ma "Italian Songbook Vol.1", primo di una serie di tre raccolte, sembra proprio una manovra culturale andata a male o, in alternativa, un esperimento mediatico riuscito perfettamente.
ROCKOL
Morgan
ITALIAN SONGBOOK VOL.1
Sony (CD)
Non so in quanti possano vantare la cultura musicale e la padronanza di linguaggio che possiede Morgan. Magari ce l’hanno in molti e semplicemente non sono così egocentrici ed interessati a sfoggiarla in pubblico, a farne quasi un fatto di principio.
Per parlare del nuovo disco del cantante dei Bluvertigo, bisognerebbe forse partire da un presupposto: la musica leggera italiana degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta è patrimonio culturale, è fonte di ispirazione per la maggior parte dei giovani cantanti-cantautori che fanno i primi passi nel mondo musicale in questi anni, e dovrebbe essere “normale” conoscerla (Parere solo personale? Spero di no).
Morgan lo sa, e ne parla. Lo dice, lo canta, lo scrive, lo suona. E’ questo, anche, che fa di “Italian Songbook vol.1” un bel disco che vale la pena ascoltare, coccolare e studiare. L’avrebbero potuto fare in molti, ma l’ha fatto lui. Lui che fa il giurato in un talent show televisivo, lui che attira anche il gossip.
Poi lo senti cantare “Il mio mondo” di Umberto Bindi (con alcune aperture forse troppo accentuate, ma che sono poi le stesse che ti fanno amare questa versione) o “Lontano dagli occhi” di Sergio Endrigo (voce in primo piano, travolgente) e se sei un ascoltatore curioso, ti dimentichi di tutto ciò che è Morgan personaggio, e rimani fermo a sentire.
Rimani a sentire che forse serve davvero che qualcuno si faccia portavoce di questi splendidi brani, di questi autori che sapevano scrivere d’amore e nient’altro, per lo più sconosciuti ai giovani d’oggi.
E va bene anche che dei cinque brani italiani di questo primo volume, ce ne siano di inflazionati come “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli o “Resta cu’mme” di Domenico Modugno tradotta da Morgan dal napoletano all’italiano (“Resta con me”) dandone una bellissima e raffinata interpretazione. Tra le tredici canzoni in totale (cinque sono la versione in inglese originale dei brani in italiano, ad eccezion fatta di “Qualcuno tornerà” di Piero Ciampi, tradotta in inglese – letteralmente – da Morgan in “That someone”), c’è anche spazio per una ritrovata “Back home someday”, brano originale in inglese cantato da Sergio Endrigo per la colonna sonora di un film western italiano di fine anni Sessanta.
L’approccio da interprete, l’attenzione per ogni dettaglio - anche se in questo album non ha messo mano ad arrangiamenti e strumenti, ma solo voce al microfono - fanno di Morgan un artista capace che può davvero portare alla riscoperta di una cultura musicale d’altri tempi. Non è detto che sia il più bravo in assoluto, o che sia un genio indiscusso, semplicemente è il solo a farlo, e ci riesce più che bene. E poi l’ha detto anche lui: “non faccio parte della storia della musica italiana… non ancora”. Proprio così, non ancora, ma anche secondo me, prima o poi…
Daniela Calvi
MUSICA E DISCHI
Italian songbook vol. 1 ***
Produzione: Stefano Barzan & Morgan
Columbia (Sony Music) 88697495612
Dopo l’esperienza con i Bluvertigo, i due album di inediti da solista (il riuscito “Canzoni dell’appartamento” e il più complesso “Da A ad A”) inframmezzati dalla riproposizione integrale di “Non al denaro non all’amore né al cielo” di Fabrizio De André, Morgan riprende lo spirito filologico di questo progetto appena citato, sommandolo al ruolo di giudice/maestro assunto in X-Factor. In “Italian songbook vol.1” (che presuppone almeno un vol. 2 con brani inediti da lui scritti), Marco/Morgan ha voluto recuperare canzoni italiane degli anni 50/60 di Bindi, Paoli, Modugno, Endrigo, ecc. che vennero a suo tempo tradotte in inglese, non sempre con risultati di successo. Oltre a queste (Il mio mondo/You are my world è forse la più efficace) Morgan ha inserito Back home someday, scritta direttamente in inglese da Sergio Endrigo, Qualcuno Tornerà di Piero Ciampi da lui trasformata in That someone e una composizione orchestrale scritta insieme al produttore Stefano Barzan. L’operazione filologica è talmente corretta che a tratti risulta fredda: senza un riadattamento moderno delle canzoni l’intento didattico/divulgativo di partenza rischia così di non realizzarsi a pieno.
di Katia Del Savio
pubblicata su Musica & Dischi: n.729 - 2009/05] pp. 31
SENTIREASCOLTARE
Morgan
Italian Songbook - Canzoniere Italiano Vol. 1
Columbia Records
Invece resta fedele all'idea che "un conto è scrivere musica, un conto è pubblicarla" e la ribadisce proponendo un'operazione di metamusica a forte rischio di reazioni perplesse e nemmeno troppo adatta ad un pubblico da reality, centrata com'è su classici degli anni tra '50 e '60.
L'idea infatti è quella di analizzare i rapporti del nostro canzoniere nazionale con l'estero, ricordando quando non erano solo Torna a Surriento e O sole mio ad essere tradotte e reinterpretate da cantanti stranieri ma -pur con minore risonanza- Il cielo in una stanza, Resta con me, Lontano dagli occhi e Il mio mondo. Morgan le canta sia in italiano che nella versione inglese e aggiunge Back Home Someday, che Endrigo aveva scritto direttamente in inglese per un film di Fulci, e la ciampiana Qualcuno tornerà, anche questa in due versioni, con quella inglese fatta da Morgan stesso perché all'epoca la canzone non ebbe versione estera ma, a detta del nostro, avrebbe potuto averla con successo.
Come si vede, un'operazione un po' cervellotica, non proprio l'acquisto più probabile di un pubblico di giovani, anche perché gli arrangiamenti (non realizzati da lui, che si limita a scegliere le canzoni e a cantare) sono pienamente nello spirito dell'epoca, e la voce si adatta al repertorio fino a un certo punto.
Poi, se uno ama il vintage e se si passa sopra alla stranezza di un disco con le canzoni doppie non è neanche male: Back Home Someday sembra Scott Walker prodotto da Hazelwood, i due intermezzi orchestrali si inseriscono alla perfezione e in generale l'effetto straniante è anche piacevole, benché resti qualche perplessità sulla necessità dell'operazione.
Il secondo volume sarà dedicato a quelle canzoni che avrebbero potuto diventare famose all'estero e il terzo saranno originali di Morgan scritti come se fossimo in quegli anni.
Vedremo: il progetto andrà valutato nell'insieme, per ora, come detto, il giudizio oscilla tra approvazione e dubbi.
(6.8/10)
Giulio Pasquali
