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Delrock

Acidi e basi
Casa discografica: Sony
Anno: 1995
Giudizio: 3 stelle (su 5)
Raccolta: No

Guidata dalla carismatica figura di Marco Morgan Castoldi, la band monzese esordisce con un album in cui sono evidentissime le influenze bowiane filtrate dalla new wave anni Ottanta. Chitarre ed elettronica costituiscono gli ingredienti base di una ricetta musicale che, nei successivi album, verrà modificata solo in minima parte. Davvero riuscita la cover di Here Is The House dei Depeche Mode, originariamente contenuta nell'album Black Celebration e qui liberamente tradotta in italiano e intitolata Complicità.




Rockit

Bluvertigo
Acidi e Basi
Le Cave Production / Sony BMG (1995)
di Francesco 'SouthMan' Lenti 05.09.1999

Sicuramente la maggior parte di voi avranno scoperto il gruppo di Morgan & co. attraverso l'ultimo album "Metallo non metallo" con i brani "Fuori dal tempo" e "Altre forme di vita", ma è interessante e fondamentale andare a scoprire la prima opera della trilogia chimica di cui tanto accenna Morgan. Questo "Acidi e Basi" nasce dopo anni e anni di duro lavoro e ricercatezza dei suoni, che s'ispirano chiaramente alla New Wave anni 80, e per quanto riguarda gli anni 90: gli U2 di Achtung Baby (basta ascoltare "I still love you" simile nel genere a "One") e ai Duran Duran del "Wedding Album". Come al solito i temi sono vari e non hanno un filo comune, si passa dall' "L'Eretico", singolare "denuncia" dell'ipocrisia della gente verso la propria religione, a "Iodio", primo loro singolo in cui si scaglia contro l'addolcimento ipocrita dei sentimenti, costituita in 3 parti: la prima lenta con l'utilizzo di chitarra acustica, la seconda molto rock, dove il ritornello padroneggia, e la 3° parte molto progressive che pian piano si spegne. Poi le 2 ballade "I still love you" e "Complicità" trattano il tema dell'amore disagiato, per la prima, e la volontà di cancellare ogni barriera la seconda; l'esistenzialità di "L.S.D." il rifiuto di adeguarsi agli altri contro ogni conformismo in "Vivosunamela". La lezione di vita di "Decadenza" e "Salvaluomo", la filosofia di "Storiamedievale", e infine la testimonianza dell'esistenza secondo Morgan di un unico Dio nell'era moderna "Il Dio Denaro". E' un album molto vario, molto piu' rocchettaro del secondo, grazie alla presenza di Marco Pancaldi, un grande protagonista della chitarra italiana giovanile, molto ispirato da The Edge, per l'utilizzo degli effetti. Morgan con la sua voce ed il basso battente ci inoltra nelle rovine del mondo di fine secolo, prima ancora di altri. Quindi è questo il miglior pregio di quest'album, la visionarietà. Se amate i Bluvertigo e volete avere qualche guizzo rock in piu' che non trovate in "Metallo non metallo", oppure cercate un gruppo italiano che sa rischiare e si puo' confrontare all'estero senza problemi sia per qualità e tecnica, questo è il disco che fa per voi, sicuramente uno dei migliori album rock italiani di tutti i tempi, e non esagero... Aspettando il terzo album che sarà secondo me una via di mezzo.




Ondarock

Il pop futurista
di Alessandro Biancalana, Lorenzo Salzano

Il 1995 è l’anno dell’uscita di Acidi e Basi, primo capitolo della cosiddetta trilogia chimica. Il concetto è spiegato da Morgan così : “Ci sono dei legami tra la musica pop e la chimica. Il pop è quel genere che permette di assemblare elementi, elementi chimici in questo caso, e di creare delle molecole, a questo punto si possono prendere dei gas nobili, si può prendere qualsiasi tipo di atomo e costruire delle molecole”. In particolare i tre album hanno riferimenti chiari alla chimica, a partire dai titoli. Infatti “Acidi e Basi” rappresenta lo scontro degli elementi opposti e anche un inizio, Metallo Non Metallo è il durante, con la sua struttura palindroma (la o centrale, la possibilità di spostare le parole ai lati senza effetto), e Zero la fine, l’annullamento, l’impalpabilità fisica.

Acidi e Basi rispecchia fino a un certo punto gli schemi del classico disco d’esordio. Sono presenti chiari rimandi agli stili tipici dell’epoca, in primis algrunge, che in quegli anni stava monopolizzando il panorama musicale internazionale. La ricerca melodica e la sperimentazione dei suoni non si spingono avanti tanto come avverrà in futuro, tuttavia nel corso delle dieci canzoni si possono ritrovare spunti di un certo interesse. Le dissonanze chitarristiche spesso dipingono quadretti pop di grande fattura (la toccante “I Still Love You”, la psichedelia sognante di “L.S.D. la sua dimensione”), le predominanti strutture chitarra-basso-batteria sono robuste e vivaci, a tratti persino incontenibili (gli spigoli al limite dell'hard di “Iodio”, “Vivosunamela” e “L’eretico”).
Lo stile più liquido e disciolto, segno distintivo delle loro future canzoni, si fa spazio negli episodi centrali del disco. A partire dal geniale lirismo irriverente di “Decadenza”, finiamo per apprezzare il rimaneggiamento di “Here Is The House” dei Depeche Mode, rinominata per l’occasione “Complicità”. Queste due sono fra le migliori canzoni di tutta la discografia, in bilico fra sferzante critica dei luoghi comuni sociali (la prima) e un'accorata dedica all’amore vicendevole (la seconda).
L’intromissione dell’elettronica per ora è davvero minima, l’uso dei sintetizzatori è accessorio e appena percepibile (qualche accenno in “Iodio” e “Decadenza”), nonostante ciò, queste pennellate donano al disco un’aria di artigianato analogico molto seducente. Infine è doveroso sottolineare l’estro esecutivo di Andy al sax, dato che le sue stridenti note acute saranno usate anche in futuro per definire frangenti di stacco melodico spesso decisivi.
Il lato squisitamente testuale di queste dieci canzoni è incentrato sull’ironia beffarda dell'estroso Morgan. Non ancora completamente perso nell’infatuazione per testi più magniloquenti (rappresentata qui con discrezione e tatto da “Storiamediavale”, “Complicità” e “I Still Love You”), presenta versi che rappresentano un’analisi sfacciata di alcuni qualunquismi tipici della nostra società. Si parte con l’ipocrisia del clero (“L’eretico”), passando alla standardizzazione di sentimenti e sensazioni (“Iodio”, “Vivosunamela”), mentre la visione disincantata del mondo e delle abitudini emerge con forza (con la già citata “Decadenza”e “Salvaluomo”). Il ripudio dell’opportunismo materialista, tipicamente adolescenziale, si esprime con originalità e disprezzo (“Il dio denaro”).



Rockol.it

Bluvertigo
CIELI NERI
Sony Music

19 febbraio 1998         

Fossero tutti così, i singoli: sei brani, di cui uno, "Cieli neri", proposto in due versioni, ad aprire e chiudere quello che più che un singolo può essere a buon diritto considerato un minialbum. Del talento dei Bluvertigo si è già discusso a lungo, e non è un caso che il seguito del gruppo e l’interesse suscitato continuino a crescere giorno dopo giorno. Ad aumentare l’attenzione credo che provvederà anche questo singolo, che personalmente ritengo tra i migliori contenuti nel secondo e più recente album del gruppo, "Metallo non metallo". Insieme alla title-track, proposta i due versioni ("radiophobic" e "versione XII"), entrambe con la presenza di Mauro Pagani al flauto traverso, su questo singolo troviamo uno dei brani di punta del precente album, "Acidi e basi", in un differente mix denominato "total recall": si tratta di "l.s.d.", anche detta "la sua dimensione", qui riproposta in una versione che mette in luce la continua crescita musicale del gruppo, trainato verso una ricerca sempre più consapevole e matura dalla sua stessa musica. Oltre ad un breve strumentale intitolato "Notte dopo un’esplosione", che mette ancora in mostra le multiformi abilità compositive di Morgan, cantante e leader del gruppo, i Bluvertigo ci sorprendono ancora con un paio di cover: le canzoni scelte non sono certo semplici da rieseguire, ma i ragazzi superano la prova egregiamente, soprattutto con "Nightclubbing" della premiata ditta Iggy Pop/David Bowie, resa in modo magistrale. I Bluvertigo mettono subito in mostra i propri riferimenti musicali, e finiscono per realizzare del brano una cover che unisce amore per l’originale a entusiasmo e perizia strumentale: veramente una grande prova. Anche "Prospettiva Nevsky" di Franco Battiato (altro faro illuminante per i Bluvertigo che, qualche anno fa, nel backstage di un Concerto per il Primo Maggio, tributarono al musicista catanese di ritorno dal palco un caloroso applauso, prima di avvicinarlo timorosi per presentarsi) è realizzata con grande bravura e maturità, mettendo ancora una volta in luce il talento indiscutibile dal gruppo ("Prospettiva Nevsky" è peraltro il brano dei Bluvertigo presente sull’album tributo "Battiato non Battiato", a lui dedicato). I suoni, qui come in tutti gli altri brani, sono completamente a fuoco, e questo singolo potrebbe essere la dimostrazione che il grande successo, per i Bluvertigo, è ormai solo una questione di tempo. 




Ondarock


Bluvertigo - Morgan
Il pop futurista
di Alessandro Biancalana, Lorenzo Salzano

Uscito nel 1997, Metallo non metallo è uno di quei "casi" che nella immobile scena italiana dovrebbero accadere più spesso: una ventata di aria fresca anche rispetto a una scena rock già di per sé in fase di grande rinnovamento. I Bluvertigo si confermano infatti un'alternativa non solo al cantautorato più istituzionale ma anche a chi, nella scena indipendente, cavalca i modelli più o meno tradizionali del rock incentrato sulla chitarra.
La scelta di giocare sull'ibrido con l'elettronica è, considerata a distanza di tempo, del tutto lodevole e innovativa. Una canzone come "Fuori dal tempo" poteva, nel '97, sembrare un elettropop nostalgico o arrivato in ritardo. Nel 2009 suona invece del tutto plausibile, forse perché l'elettronica anni Ottanta, piuttosto che essere semplicemente tornata di moda, è stata in realtà assimilata del tutto solo ora dal vocabolario pop. Oppure la forza del brano è semplicemente quella di essere un gran bel pezzo pop, dalla qualità appunto "fuori dal tempo".
Il video che lo accompagna traina il disco al successo quasi un anno dopo la sua pubblicazione, sfruttando intelligentemente la nascita del canale Mtv Italia. Rivisto oggi il clip appare piuttosto povero, ma l'importante è che allora non lo sembrava affatto, per un semplice motivo: la sorpresa suscitata dal carisma di Morgan e dall'atteggiamento scanzonato e anticonformista della band. Finalmente un gruppo ironico (che non significa poco serio, anzi), dei personaggi non ingessati in pose da cliché rock, ma disposti a inscenare un simpatico balletto, che rimanda, almeno sul piano iconico, a un altro celebre movimento d'arti: quello di Franco Battiato in "Centro di gravità permanente".
Proprio il "battiatismo" è l'altra carta giocata dal gruppo, e consiste nel cercare un'altra via allo scrivere i testi in italiano, possibilmente lontana rispetto alla "poesia" da quattro soldi di tanti rocker convinti di esser vati solo perché versificano nella lingua di Dante. L'alternativa di Morgan è quella di testi linguisticamente vicini alla prosa, ma pronti ad accendersi di citazioni colte e di accostamenti surreali che portano allo straniamento anche del materiale di per sé banale. Addirittura, e i due singoli più famosi dell'album fanno sorprendentemente parte di questa categoria, alcune canzoni propongono strutture "a tesi": "Fuori dal tempo", nella sua leggerezza, attacca un filone, appunto quello delle cose e dei ruoli sociali del tutto anacronistici, per il quale l'Italia può fornire ampi spunti: "Il questionario dei tre giorni è proprio fuori dal tempo/ i professori sono quasi tutti fuori dal tempo...".
I Bluvertigo sono a loro volta fuori dal tempo perché sanno pescare da epoche e stili diversi, per fagocitarli e creare, a colpi di citazioni, qualcosa di nuovo: puro postmodernismo, e ben altra cosa rispetto al revival new wave cui ci siamo abituati in questo decennio, per cavalcare il quale Morgan e compagni sono arrivati troppo in anticipo (o in ritardo?). Resta il fatto che "Il mio mal di testa" e "Oggi hai parlato troppo" cominciano con riff di chitarra decisamente in linea col rock indipendente dell'epoca, ma "Vertigo Blu" è funky rock isterico che arriva dalBowie di Berlino, "Altre forme di vita" è il pop anni Ottanta di Depeche Mode eDuran Duran, "Cieli Neri" è introdotta dal flauto prog di Mauro Pagani e si potrebbe proseguire a lungo.
Il gioco delle citazioni, bisogna notarlo, non è mai fine a se stesso ma serve a raggiungere risultati specifici. "Cieli neri", con la sua simbiosi di strumenti veri e synth, riesce a essere un raffinato ambiente sonoro prima ancora che una classica ballata romantica. "Altre forme di vita" parte elettronica e poi vede l'inserimento del potente basso del leader, con un effetto in tutto e per tutto dance. Nella sua leggerezza, il pezzo riesce quindi ad abbattere annosi steccati ideologici tra musica alternativa e da ballo, ponendo i Bluvertigo in un'area di contaminazioni simile a quella esplorata dai Subsonica, coi quali non a caso condivideranno il singolo "Discolabirinto" nel '99.
Tutto il suono, denso, organico, freddo, è una mediazione tra le tecniche di registrazione anni Novanta basate sui computer e il desiderio di far rivivere le elaborate produzioni italiane degli anni Settanta: per quanto Morgan ami la wave non ne sposa di certo il minimalismo, optando invece per un gioco infinito di accumuli e stratificazioni, di suono come di senso. Perfetto complemento al contributo proteiforme del leader sono un chitarrismo tecnico quanto funzionale e i deliziosi interventi dei synth di Andy.

Sorge qui però, per la prima volta, il dubbio infinito dei detrattori di Morgan: che tutto questo non sia forse uno sterile esercizio di stile, un cerebrale gioco di collage del vocabolario pop?
Eppure di fronte a tanti sbrodolamenti emotivi post-grunge non può esser sgradito l'autocontrollo e il senso della struttura portato avanti dal personaggio in questo album, tanto più che i momenti viscerali non mancano: per tutti basti il tiro rock di "So Low". Allo stesso modo è difficile non apprezzare i rimandi alla classica, le oasi pianistiche o gli archi di "Ideaplatonica". Il problema non va comunque eluso, perché la band ha davvero qualcosa da dirci tanto che, fedelmente alla base concettuale già posta nel primo album, il disco sembra proporre una sorta di deragliata autobiografia, la descrizione, non tanto il racconto, della condizione del protagonista nella "inquietante scoperta intellettuale della diversità e del dissidio con le cose ovvero la perdita dell'adolescenza". Inquietudine, quindi, ma secondo una accezione positiva di apertura alle cose del mondo che diventa accettazione solo una volta che di queste ci sia riappropriati, avendole rese materia creativa.
Il testamento emotivo dell'album è probabilmente rappresentato dal lungo finale di una "Troppe emozioni" dove il clima si fa liquido e ombroso, tra il basso ruminante del leader, gli arpeggi lisergici della chitarra, le rasoiate del sax, e un Morgan un po' David Sylvian e un po' "The Man Who Sold The World", che canta il senso di vuoto che assale chi ha messo davvero tutto se stesso nella propria opera.

Metallo non metallo è un disco che si appoggia all'indietro per sporgersi avanti (nel tempo): è la stessa operazione, applicata al rock, che Canzoni dell'appartamento cercherà di operare sulla tradizione d'autore italiana.




Delrock

Metallo non metallo
Casa discografica: Sony
Anno: 1997
Giudizio: 3 stelle (su 5)
Raccolta: No

Grazie a singoli di successo come Fuori dal tempo e Altre f.d.v, Morgan e i suoi diventano personaggi da copertina. Sotto la patina modaiola si nasconde però una band di grande spessore, come dimostra quest'album godibilissimo e tutt'altro che banale.




Rockit

Bluvertigo
Metallo Non Metallo
di Davide Baroncelli 20.02.1998

Scrivere una recensione su un disco dei Bluvertigo senza farsi (troppo) condizionare negativamente dalla smisurata antipatia del loro leader, Morgan, è un' impresa che può dare risultati interessanti. "Metallo non Metallo" è un disco presuntuoso come il suo autore (Morgan ha scritto tutti i testi, quasi tutta la musica e prodotto l'album). Ma, benchè sia spesso eccessivo, scomposto e discontinuo, il disco si assume molti impegni, come pochissimi altri al giorno d'oggi, mantenendo molte delle sue promesse.
La scommessa principale che Morgan e compagni fanno, ne sono sicuro, è quella di fare "Arte" con la A maiuscola. C'è una bella differenza, infatti, tra questo disco e la grande maggioranza delle produzioni italiane attuali (che non sono quasi mai arte, ma mero intrattenimento di consumo). I Bluvertigo non inseguono nessuna tendenza, non copiano nessun "sound" attuale, nessun genere. Molto più preoccupati di crearsi un proprio genere, Morgan e compagni studiano da band di culto, intessendo complessi tessuti sonori in cui colorazioni elettroniche vivaci e moderne si sposano a linee di basso di sapore anni'70 (accompagnate da parti di batteria che sono forse la cosa più vicina ad un certo tipo di pop odierno), in un impasto di chitarre potenti (Metallo non metallo...) su cui si adagiano le voci di Morgan e Andy (di stampo "depechemodiano" , ma con un gusto per la pronuncia che è tipicamente italiano e ricorda i cantanti dei migliori anni 70).
Sembrerebbe, insomma, che dal mio punto di vista la scommessa artistica sia vinta, ma non è del tutto così. Lo dico chiaro: amo questo disco, ma non è arte. I tessuti sonori e la ricerca dei colori di cui è fatto questo (molto variopinto) quadro musicale sono il campo in cui l'opera è meglio riuscita (memorabile, da questo punto di vista "cieli neri", con il sottofondo di piano elettrico e chitarra con tremolo su cui Mauro Pagani disegna linee di flauto crimsoniane), ma rimangono dei difetti laddove l'impasto sonoro non riesce a diventare un vero e proprio amalgama e rimane allo stadio di "composizione" di (tanti) strumenti e linee diversi. Le divagazioni armoniche di Morgan sono interessanti, ma lasciano l'amaro in bocca quando si comprende che costituiscono più un divertissement o un esercizio di snobismo intellettuale, e non un vero e proprio terreno fertile su cui far crescere canzoni (si pensi a "fuori dal tempo", in cui la parte finale, del tutto troncata dalla versione radio-televisiva è una specie di "protuberanza colta" ad una canzone 'carina', ma molto meno "valida"). Ma anche qui, bisogna riconoscerlo, c'è una distanza abissale con le migliaia di produzioni italiane (e non) di vomitevole conservativismo che vengono sfornate quotidianamente, costruite da decenni sulle stesse idee musicali.
Dove, a mio parere, il disco crolla quasi interamente è sui testi. Ora, oggigiorno non importa più a nessuno cosa viene detto nelle canzoni, ma io ho dei gusti un po' retro, e soprattutto credo che, dato che Morgan & c. puntano in alto, sia giusto notare quando in alto non arrivano. Insomma, sarà che non riesco a fare a meno di immaginare l' espressione convinta e priva di dubbi con cui Morgan canta (ed appare in TV), ma queste canzoni dall'egocentrismo strabordante proprio non mi vanno giù. Ce ne sono alcune che ritengo veramente orride "Il mio malditesta", "oggi hai parlato troppo", "le arti dei miscugli", "l'eremita", "vertigoblu": filosofia spicciola, intellettualismi sterili (che mi hanno fatto venire in mente che il sottotitolo del disco dovrebbe essere "ho fatto il liceo e si sente"), lezioni di vita e presunzione a borsate, condite da uno stile che si vorrebbe eclettico, e riesce ad essere solo caotico. Morgan scrive testi come se avesse una storia lunghissima alle spalle, che gli permetta di riempire un sostanziale vuoto di significati con il gioco verbale, il trucchetto (assonanze, richiami interni,...), l'ammiccamento bizzarro. Insomma, forse Morgan si prende alla lettera (nelle "arti dei miscugli" sentenzia discutibilmente che "in ogni opera d'arte che si rispetti come minimo c'è tutto: tutto è tutto, quindi anche brutto), ma secondo me vale la pena cambiare direzione... Mi piacciono di più canzoni e frammenti di canzoni più intimisti (ancora "cieli neri", o "ideaplatonica", che nonostante un paio di secchionate all'interno è la canzone del disco che preferisco), gli spunti elegiaci (come in parti di "ebbrezza totale") o la cupezza di "troppe emozioni". Paradossalmente i testi più riusciti sono forse il famoso testo dei tre giorni o "altre forme di vita" in cui, per un istante, Morgan sembra prendersi meno sul serio... Peccato, perchè di spunti la musica ne dà molti,soprattutto permetterebbe uno slancio lirico ben maggiore, e più efficace. Infine: il booklet del disco si apre con la seguente frase: "i tre tempi dell'avventura del cuore: dapprima l'immediatezza ottusamente paga della realtà, ossia l'infanzia aproblematica, poi l'inquietante scoperta intellettuale della diversità e del dissidio con le cose, ovvero la perdita dell'adolescenza e infine il recupero di una spontanea armonia e di una nuova, ritrovata immediatezza". Parrebbe una linea di svolgimento, una struttura degli argomenti del disco. Chi riesca a ritrovarne il filo nei testi mi informi.




Rockol

Bluvertigo
Metallo non metallo
Nuove forme... di rock
recensione di Valerio Veleno

Hanno fatto centro, i Bluvertigo con questo album.
Non c'e' niente da fare. Bisogna riconoscerlo. I 15 brani contenuti in "Metallo non metallo" sono suonati, canticchiati, fischiettati e sopratutto venduti.
Sarebbe forse meglio dire che a fare centro e' stato lui: Morgan.
L'eccentrico, eclettico, carismatico e "pseudo-morrison" Morgan, che ha prodotto, scritto tutti i testi e molte delle musiche dell'album.
...E quando qualcuno fa centro e' ineluttabile che siano in molti a pensarla diversamente, in fondo e' proprio un effetto collaterale del successo. Qualunquismo lirico,intellettualismo da "liceali contro", lezioni di vita gratuite etc.
Sebbene alcune di queste accuse abbiano un qualche fondamento, non si puo' non riconoscere che questo disco merita buona parte del successo avuto gia' solo per avere portato una ventata di freschezza sulla scena musicale italiana.
Ma la novita' implica ricerca e la ricerca costa fatica.
Dal CD traspare chiaramente la volonta' (del resto gia' presente nell'album precedente "Acidi e Basi") di costruire uno stile proprio, nuovo, e riconoscibile.
Dimenticando il passato? nooo tutt'altro... rielaborando idee nuove e tutto quello che si ama, in questo caso Red hot chili peppers nei giri di basso, anni 70 nelle basi di batteria, anni 80 nei suoni elettronici e analogici, e ancora U2, Depechemode, addirittura Pink Floyd e molto altro.
La ricerca ha funzionato? Una buona domanda (come dice Stephen Seeck) merita almeno due risposte.
- Risposta breve: Si
- Risposta lunga: Se nessuno ha ancora inventato un aereo e qualcosa si alza in volo per piu' di 5 minuti funziona? Si anche se siamo ancora lontani dagli aerei di linea. E' per questo motivo che, a cercare in profondita', c'e' qualcosa di goffo in queste nuove sonorita' di fusione tra rock ed elettronica, in questi testi della nuova ribellione post adolescenziale, nella convinzione di Morgan.
Ma in conclusione "Metallo non Metallo" e' un album da comprare ed ascoltare, perche' interessante, stimolante, fresco.... quasi una "nuova forma di vita" :-)




Panopticon

10 x 10 = Made in Italy
I dieci migliori album degli anni '90

Secondo capitolo delle classifiche del Panopticon dedicate al meglio della musica pubblicata nel Bel Paese. Questa volta vanno di scena i Novanta, stagione in cui sono germogliati molti degli artisti divenuti popolari nel decennio successivo, magari con minor merito rispetto a quanto prodotto prima del 2000. Abbiamo cercato di estrapolare i dieci dischi più significativi ancora oggi, e che quindi riteniamo abbiano in qualche modo saputo influenzare le generazioni a venire. A conti fatti, una stagione senza dubbio fondamentale per la crescita d'identità del rock italiano, durante la quale, nonostante i cronici problemi di derivatismo - ancora evidente il debito dei Nostri nei confronti di certi modelli anglo-americani - hanno visto la luce diversi lavori che già sono considerati classici del rock Made in Italy.


Bluvertigo (1997) Metallo Non Metallo

Metallo Non Metallo è il secondo album della trilogia chimica che comprende anche il precendente Acidi e Basi ed il successivo Zero - Ovvero la Famosa Nevicata dell'85. Alla chimica si collegano le varie metafore sulla materia ed i suoisviluppi, le droghe sintetiche, ma soprattutto l'universo delle relazioni ed i rapporti fra le persone in termini di reazioni e aggregazioni. I Bluvertigo irrompono nel panorama musicale italiano portando una dimensione che ancora non c'era, attingendo a piene mani dal mondo del rock inglese anni Ottanta ed aggiungendoci testi ironici ed intricati che risentono dell'influenza del maestro dichiarato Franco Battiato. E' un disco studiato, tessuto ad intreccio e limato con cura quasi maniacale con l'intenzione di non lasciare niente al caso. La sua forza sta nella duplice possibilità di approcciarsi all'ascolto: il pubblico mainstream, abituato a vedere i loro video passare alla tv, rimane colpito dall'immediatezza spesso divertente di brani come "Fuori dal Tempo" e "Altre Forme di Vita" o dalla bellezza di un testo come "Cieli Neri"; allo stesso tempo, l'ascoltatore più attento, che riesce a passare oltre la ricezione più leggera, apprezza la notevole qualità del lavoro svolto a livello compositivo, da cui emerge la grande preparazione dei musicisti coinvolti nel progetto. (F.S.)



Corriere della Sera

Bluvertigo, un incubo a lieto fine

AVANGUARDIA Sedici brani "manipolati" all' insegna della provocazione

AVANGUARDIA Sedici brani "manipolati" all' insegna della provocazione AVANGUARDIA Sedici brani "corsari" all' insegna della contraddizione L' incubo a lieto fine degli emergenti Bluvertigo Violini "manipolati" e altre provocazioni sonore Bluvertigo, un incubo a lieto fine    "Anche solo dire "io" e' un messaggio, senza un' idea non ci si alza dal letto, purtroppo" recita "Zero", uno strano incubo rasserenante sotto forma di canzone che apre il nuovo album di questa singolarissima formazione emergente. Il modo di cantare e la costruzione melodica e sonora non hanno niente a che vedere con quel che si e' sentito fino ad ora. Il "violino processato" (cioe'  sottoposto a particolari manipolazioni elettroniche) di Mauro Pagani contribuisce all' originalita' del tappeto sonoro. Qui si respira un' aria di accattivante provocazione, che rende il prodotto gradevole al di la' dei suoni laceranti, figli della tecno. Succede per esempio in "La crisi" in cui un testo apparentemente semplice ("quando arriva una crisi riaffiorano alcuni ricordi che credevo persi") acquista uno straorinario impatto. In "Sono=Sono" certe geometrie care a Battiato emergono prepotenti. Il viaggio, nonostante gli arditi giochi di fone' , ha sempre un senso compiuto: si naviga in un mondo contraddittorio, dove certezze e paure, angosce e sogni paradisiaci convivono alla perfezione. E il numero di ringraziamenti che va da Battiato (presente nelle armonie vocali di un paio di brani) ad Alice, da David Byrne a Sigmund Freud, Antonella Ruggiero e Roberto Colombo, dimostra quanto ampia sia la gamma di input. Le ultime canzoni sono "Lo psicopatico", una rilettura di "Always crashing in the same car" di David Bowie, "Niente x scontato", "Numero", "Il punto di non arrivo", sempre piu' rarefatte e silenziose, col gusto di togliere e ancora togliere fino ad arrivare ad una sorta di ablativo assoluto. I Bluvertigo - Morgan Castoldi, leader del gruppo firma per Bompiani "Dissoluzione", strano libro metamorfico che uscira' il 2 novembre - saranno "cattivi maestri" di scolari venerdi' 22 al Lingotto di Torino.

Mario Luzzatto Fegiz

(20 ottobre 1999) - Corriere della Sera




quotidiano.net

Il ritorno dei Bluvertigo. Ovvero l'intelligenza del cuore

20.10.1999

MILANO — Benvenuti nella Vertigine Blu della presentazione di «Zero»
(Ipotesi di epilogo per una trilogia chimica), nuovo lavoro della band
che ha vinto l'Mtv Europe Music Award '98 per il Sud Europa. Dopo aver
partecipato a eventi multimediali, incontri arte-musica e
arte-scienza, rock festival e altro, Bluvertigo si rivela per quello
che è (in divenire): un ensemble di sperimentazione contemporanea che
regala al formato digitale spezzoni di ricerca concettuale e sonora,
capitoli di improvvisazione e pop-poesia. Architetture dai molti
livelli, strutture ad incastro, piattaforme alveolari. Ore di suoni
che definiscono lo spazio del suono, parole che limano il permaloso
silenzio della poesia. Antipasto di avanzi che verrano spezzati e
divisi nei prossimi mini Cd. «Zero» come la nevicata dell'85, nella
quale Marco Castoldi riuscì a coinvolgere i ragazzi del condomio nel
suo primo complesso pop. Non spaventatevi, questa è post-avanguardia
consapevole e intelligente, gioco alto-basso sui linguaggi del primo e
secondo Novecento. Da canticchiare, grazie alle scorciatoie
facilitanti della melodia. Persino da ballare (come David Byrne e il
primo Brian Eno). Da leggere e recitare in un trance elettronico e
pensoso. Ma «Zero» ('99) è anche il punto di arrivo della trilogia
chimica di Morgan-Andy-Livio-Sergio, dopo «Acidi e Basi» ('95) e
«Metallo non Metallo» ('97). Un viaggio nella semplicità della
complessità, un percorso circolare. Il superamento della dialettica:
ripartendo non da tre ma da zero. Zero come l'emozione (la creazione)
assoluta. Zero come la stringa di probabili sinonimi («ci ho lavorato
per un anno») che scorre sotto le pagine del libretto-manifesto.
Invito a una lettura trasversale (possibile) dei testi. Non
allontanatevi, qui cambia solo lo schema di gioco (si esalta la
solitudine atipica del portiere). Una forma «contemporanea» fa da
contenitore a suoni e parole, al rumore delle idee. «A un paratesto
legato alla circolarità», aggiunge Morgan. Alla sua poesia analitica,
agli aforismi che verranno consegnati poi ad altri libri e Cd (in
compagnia di Alda Merini, Enrico Ghezzi, Nanni Balestrini, Aldo Nove).
Discorsi semplici (sulla comprensione, lo zero, la crisi,
l'autofraintendimento, il niente per scontato e il forse, il
sovrappensiero e il punto di non arrivo) dalle risposte difficili. Qui
le interferenze «altre» sono la griglia e il conosciuto tutto quello
che, lento o veloce, l'attraversa. Elettronica, tecnologia e rumore,
innanzitutto, con l'approccio rigoroso dei gruppi tedeschi anni '70
(Kraftwerk, Caan). I fratellini di Stockhausen. Il gusto di un
produttore geniale degli anni '80, Conny Plank. La raccolta
differenziata di tutto. Il rock berlinese di Eno e Fripp.
L'elektro-funk, un pianoforte avant garde. Il pendolo tra Devo e
Japan. Melismi arabi di Battiato e una corale (araba?) di Bach. Cose
turche (per i violini di Pagani e Rossi). Ma anche Lennon e i Roxy,
gli anni '70 e i fiati acidi e pazzi di Prince. L'interfenrenza di un
cellulare in un segnale audio. «Zero» è infine anche un lavoro di
ricerca sulla tecnologia digitale, un taglia-e-cuci domestico,
l'incontro con la scrittura colta di Carlo Carcano in «Numero». Ma
anche il jazz libero dei sax «processati» e minimalisti di Andy, il
violoncello di Roberta Castoldi. La voce di Murray Lachian Young
(«Casual Sex», Bompiani editore). Una cover di David Bowie, «Always
Crashing In The Same Car», l'unica non berlinese, di una grazia
sublime. Che si aggiunge, unica citazione esplicita, all'elenco delle
meraviglie possibili per la mente e l'orecchio. Per l'intelligenza del
cuore. Nella foto: i Bluvertigo

di Marco Mangiarotti




Rockol

19.11.1999

I Bluvertigo sempre più figli dell’equivoco: tutti ne parlano, ma nessuno si sbilancia. Tutti citano “Zero” ma pochi danno segno di averlo davvero ascoltato. Parecchi sorridono in faccia e mostrano perplessità alle spalle. Fioccano interviste al gruppo in cui si parla di tutto tranne che del disco. Perché? Due le ipotesi. Uno: “Zero” non piace. Due: “Zero” non è stato ascoltato al punto da poterne parlare. A questo va aggiunto anche il fatto che parlare con Morgan di musica equivale – per la cultura del suddetto – ad imbarcarsi in un’avventura che può prendere pieghe pericolose, con la citazione di un compositore minimalista ucraino emigrato a Colonia ad inizio secolo (Morgan, faccio per dire!) o lodi sperticate ad Arvo Part, roba che avrebbe spezzato le gambe anche a un critico preparato. Quello lì, il Castoldi, sa veramente tutto…Insomma, questo disco, com’è? “Zero” effettivamente non è un album facile da raccontare, anzitutto perché ai primi ascolti mette in mostra alcuni difetti: annunciato come un album meno concettuale del suo predecessore, beffardamente definito dallo stesso Morgan come ‘musica pop’, presumibilmente auspicato da chi dovrà venderne almeno altrettante copie di quante totalizzate dal suo predecessore (leggi centomila!) come un disco di ‘canzoni, “Zero” risulta subito lungo, un po’ presuntuoso, molto narciso, denso di citazioni e in questo senso riflette perfettamente i difetti principali del gruppo. Dopo il primo ascolto, “La crisi” - brano che sembra dire «Sono soltanto il primo singolo, ma state tranquilli che tanto vi stendiamo con il prossimo» - rappresenta una boccata d’ossigeno vitale e rassicurante in un mare di musica apparentemente sconnessa, con testi che sembrano a tratti sin troppo affini a quelli dei Soerba. Le citazioni di Duran Duran, Nine Inch Nails e Depeche Mode galleggiano in un mare di ‘David Bowie sound’ che a tratti sfiora la maniacalità. Non erano mai stati così espliciti nei riferimenti bowiani, i Bluvertigo, anzi forse la loro trilogia li ha visti procedere esattamente in senso inverso al trascorrere del tempo. Fatto sta che di Bowie in “Zero” è stata ‘porzionata’ l’intera carriera: riff glam da “Hunky dory” e “Ziggy Stardust”, pianoforte di “Aladdin sane”, basso funky modello “Station to station” e “Fame”, chitarre da “Scary monsters” e Tin Machine, ritmica&sax da “Tonight” (“Blue Jean”) e addirittura una cover – “Always crashing in the same car” – risalente al periodo berlinese del Duca Bianco.
Fortunatamente, però, i Bluvertigo hanno un tale gusto musicale e una sensibilità da mettersi spesso al sicuro da qualsiasi (in)volontario autogol. Così dopo diversi ascolti accade che alcune canzoni sprigionino lentamente la propria poesia. Che brani come “La comprensione”, “Sovrappensiero”, “Sono=sono”, “Forse” e persino “Zero” – che all’MTV Day era sembrata la cosa peggiore mai suonata dal gruppo – acquistino fascino e spessore. Che i quattro accordi di piano che introducono e chiudono uno dei brani – si tratta sempre di “La comprensione” – divengano talmente preziosi da valere da soli il disco. Che i due brani conclusivi, “Numero” e “Punto di non arrivo”, spicchino come piccole gemme su un ramo. Che dopo diversi ascolti le somiglianze/citazioni spariscano e “Zero” ritrovi e rivendichi il suo suono, la sua idea. I testi, dal canto loro, finiscono per trasformarsi in un caleidoscopio di frasi, che si scompongono e ricompongono nella testa di chi ascolta come spezzoni di conversazioni ascoltate per caso e rimaste in mente per forza. Non si può non tenere conto di tutto questo, parlando di “Zero” e dei Bluvertigo. Di fatto non c’è nessun altro gruppo italiano che metta in mostra la stessa cultura musicale, la stessa capacità di ‘pensare’ in termini di suono la propria visione e di trasferirla materialmente su Cd (provate ad ascoltarlo in cuffia...è come una goccia di sangue al microscopio). I Bluvertigo possono fare sicuramente di meglio: “Zero”, semplicemente – come già aveva fatto “Metallo non metallo” – continua a mostrarci i loro pregi e i loro difetti. Lo zero si spacca in due metà, che però non possono ancora vivere l’una senza l’altra




Rockit

di Faustiko 15.11.1999

Non ho mai apprezzato in maniera particolare l'arte dei Bluvertigo, forse perché i suoni contenuti nei 3 album finora pubblicati non fanno parte della mia formazione musicale. A dire la verità, però, non ho avuto grosse difficoltà ad avvicinarmi all'ultimo parto di Morgan & co., soprattutto perché attirato dal successo riscosso da Metallo non metallo, disco fortunatissimo che è valso alla band un Mtv award.
Certo la musica non si giudica in base ai premi vinti, ma bisogna dare atto ai Bluvertigo che la loro strategia tra il serio ed il faceto alla fine è risultata vincente, così che neanche Zero si sottrae a questa logica e in fondo è un disco azzeccatissimo, tanto che non faticherete a farlo girare diverse volte nel vostro lettore. L'unica pecca è che forse 66 minuti di Bluvertigo sono troppi; fossero stati 20' di meno, è certo che quest'album avrebbe riscosso molto più consenso. Non è un caso che per i primi 40 minuti, ovvero le 9 canzoni iniziali, il lavoro funzioni alla grande: l'inizio claustrofobico di Versozero e Zero sono una botta al cuore, con i synth che viaggiano a mille all'ora e le liriche di Morgan a ruota: "Percorsi esistenziali Monza-Milano che se prendi il Concorde arrivi prima di partire" è solo una delle tante frasi che il Castoldi assembla con un 'senso del non-sense' che in Italia è difficile trovare.
Il leader del gruppo sembra non seguire alcun canone, ma la forma canzone non manca mai; che poi assuma le sembianze della ballata (La comprensione, Forse), della marcetta elettronica (Sono=sono), di un brano sottratto ai Depeche Mode (Sovrappensiero) o di una 'mystical-indian-electronic-song' (Autofraintendimento), poco importa. La musica del quartetto alla fine è un puzzle dai tratti assolutamente riconoscibili, anche se pesca furbescamente, nonché in maniera geniale, da tutti i repertori possibili. Così, oltre a quelli già risaputi, stavolta spunta fuori anche il Duca Bianco, ovvero quel David Bowie dal quale Morgan avrà cercato di cogliere non solo la grandissima dote musicale (a buon intenditore...). Si sceglie perciò di rendergli onore con la cover riuscitissima di Always crashing in the same car, ma anche con un brano intitolato Finchè saprai spiegarti, arrangiato alla maniera che più Bowie non si può!
Il resto dei brani non aggiungono nulla al disco, quasi che fossero semplici riempitivi che ritengo inutili. Ci si fosse fermati alla traccia 11 quest'opera non avrebbe faticato a conquistare posizioni nella classifica personale; ciò non toglie che tale meccanismo possa scattare in voi, visto che Zero è comunque un lavoro da non sottovalutare




Delrock

Casa discografica: Sony
Anno: 1999
Giudizio: 3 stelle (su 5)
Raccolta: No

Elettronica, melodia e testi che sfiorano il nonsense. La formula non cambia e nemmeno il risultato finale. David Bowie, uno degli evidenti punti di riferimento del gruppo, viene omaggiato con una cover di Always Crashing In The Same Car.




La stampa

Pubblicazione: 20.10.1999
di Venegoni Marinella

Esce «Zero», il terzo disco del gruppo: meno «acido», piu' divertito, con omaggi a Battiato, Bowie e ai McDonald Morgan: i Bluvertigo sono figli della neve

Marinella Venegoni inviata a MILANO Forse i BLUVERTIGO non finiranno mai primi nella hit inglese come la spezzina Alexia; e' il destino degli intelligenti e colti. Ma forse, snobbettini come sono, i quattro di Monza che hanno rispolverato il glam preferiscono rimanere cosi', divertiti e divertenti nel gusto della ricerca piu' astrusa e bizzarra, fra il piu' oscuro David Bowie e i Chemical Brothers passando per Battiato. Rumoristica e campionature, archi romantici e sambe elettroniche, psichedelia e citazioni, sono in un gioco di scatole cinesi gl'ingredienti del terzo disco di BLUVERTIGO, «Zero», che esce venerdi': complesso, godibile e un po' cervellotico finale della trilogia «chimica» cominciata con «Acidi e basi». L'aver iniziato la carriera con una trilogia la dice lunga sulle ambizioni del gruppo capitanato da Morgan Castoldi, ventisettenne ora con capelli rossi e una sola mano smaltata, barbettina minuscola e un libro di pop/poesie, «Dissoluzione», in uscita da Bompiani. «Zero» si apre con la voce campionata di Malcom X in una sessione con Mauro Pagani; si chiude con il poeta inglese Murray Lachlan Young che recita la sua «Strange Attraction» verso l'industriale del fast food Ronald McDonald. Questo e' il marchio BLUVERTIGO. Voi l'anno scorso avete vinto un MTV Award per l'Italia; ora la rete e' in pericolo, Morgan. «Il clima dentro MTV mi pare sereno, ma sarebbe grave chiudesse. TMC2 non basta, ci vorrebbe piu' musica nel nostro Paese, l'unico dove non la si insegna nei licei. Debbo anche dire che MTV ultimamente e' un po' troppo commerciale, i V.J. parlano senza convinzione perche' non li valorizzano; ma da quando c'e' MTV, in Italia ci sono piu' musica e piu' concerti». Com'e' stato concepito, «Zero»? «Siamo stati attratti dalla possibilita' di usare attrezzature casalinghe, come Byrne in "Feelings"; di fare il taglia-e-incolla. Un disco cosi' avrebbe dovuto costare meno, invece siamo stati fregati dalla nostra ansia di professionalita'». Ci sono storie, e aneddoti, legati al disco? «Abbiamo mixato tutto a Montreux, in uno studio che e' il tempio del r'n'r, costruito nei '60 dagli Stones che registrarono li' un concerto di Frank Zappa. Ci hanno lavorato dentro i Led Zeppelin, i Queen, e " Heroes" di Bowie e' probabilmente nata in quella toilette. Il suo produttore David Richards ha voluto lavorare sulla nostra cover di "Always Crashing in the Same Car". L'aveva registrata lui nel '77, e non se la ricordava neanche». Ci sono nell'album due cameo di Battiato, che gorgheggia alla araba. Morgan ha lavorato con lui in «Gommalacca». Ormai parenti? «Me l'aveva presentato Alice. Ho fatto di tutto per farmi notare, gli ho detto che ero il miglior bassista al mondo. Lui e' un caso isolato di musica originale e autonoma». Andrete in tv? «E' un mezzo pericoloso. Bisogna scegliere bene». Ha visto il Celentano Show? «No. Ma se domani ci va David Bowie, e' segno che e' buono». Andrete il 24 a salutare il Dalai Lama al Palalido, come Jovanotti e i Nomadi? «Lasciamo questo ai cantanti che ne hanno bisogno, anche se facciamo il tifo per il Tibet». Morgan mette insieme «Zero> > con la «famosa nevicata dell'85». Perche'? «Avevo 13 anni. Obbligato a stare in casa decisi che sarei diventato musicista». Come sara' il tour? Parla Livio, il piu' "tecnico" dei 4: «Ci sara' un computer sul palco che fa da fonte sonora ed elimina le casse. L'anteprima mondiale di un sistema, un playback dal vivo».




Ondarock

Bluvertigo - Morgan
Il pop futurista
di Alessandro Biancalana, Lorenzo Salzano

(...) Nel 1999 il cerchio si chiude inevitabilmente con Zero - ovvero la famosa nevicata dell'85, opera ambiziosa, mastodontica (più di un’ora di musica) ed estrema, sedici canzoni per un calderone in cui coabitano successi, sperimentazioni, azzardi stilistici. La musica si esprime nella sua massima poliedricità, i testi compiono un ulteriore passo verso la compiutezza finale. Nell’ottica della trilogia chimica Zero rappresenta il compimento finale, l’analisi della non-esistenza e di conseguenza l’approfondimento dei temi ad essa connessi. Siamo di fronte a una prova di forza: alla luce della complessità messa in campo sia dal lato lirico che concettuale, deve emergere la statura artistica della band.
Gli impasti non-sense dai profondi risvolti metaforici trovano sublimazione in ogni traccia, compiendo analisi sociologiche e generazionali di grande pregio. L’esplorazione di inquietudini tipiche come i periodi di crisi o i dubbi esistenziali sono soltanto alcuni degli spunti che si possono individuare (“La Crisi” e “Sono=Sono” ne sono i più chiari esempi). L’ipocrisia del pensiero comune è oggetto di critica in episodi acuti (“Finché saprai spiegarti”, “Comprensione”, “Punto di non arrivo”), mentre in altri frangenti vengono prese di mira le abitudini della gente (“Sovrappensiero”, “Niente X Scontato”). C’è spazio per l’autoironia pungente, spesso fra le righe (“Lo Psicopatico”) o plateale (“Autofraintendimento”).
Infine, vere e proprie apocalissi dialettiche mostrano lati di pura poesia del collettivo, in cui tutti gli elementi corrono dietro alle idee visionarie di Morgan (i flussi di coscienza turbati di “Zero”) o di Andy (i magnifici duetti vocali di “Forse”, scritta ed eseguita in coppia con Morgan).
Passando al lato musicale, c’è da notare non solo il mero sforzo compositivo, ma anche la cura nella scelta dei suoni e delle tonalità. Non solo synth-pop di matriceeighties ma anche riferimenti diversi. I clangori stridenti di “Zero” e “Lo psicopatico” sono chiari rimandi alle dissonanze industrial, la deriva finale di “Forse” ha quasi un sapore improvvisato, lo strumentale “Porno Musik” pare un episodio di puro punk-funk primordiale, “Numero” è un coraggioso esperimento di pop sgraziato.
Dunque, con un’analisi attenta si può andare oltre i rimandi più ovvi, riconoscendo alla band un’attenta consapevolezza del panorama musicale alternativo europeo. Si tratta di musica debitrice nei confronti del passato, ma diretta dalla consapevolezza dei propri mezzi nel presente. Il rispetto verso i modelli si concretizza soprattutto nell’omaggio al nume tutelare David Bowie con la cover di “Always Crashing In The Same Car”. Ancor più valore ha però in questo senso la presenza di Franco Battiato, estimatore della band, che interviene con la sua voce nel finale di “Soprappensiero” e in “Punto di non arrivo”. (...)




Rockline

Bluvertigo
Zero

Con questo album si chiude la triologia "chimica" di questa band che indubbiamente ha rivestito negli anni '90 un ruolo molto importante nella scena rock italiana.
Le coordinate stilistiche del combo settentrionale sono sempre le stesse, con una maggiore propensione all'industriale e all'elettronica.
Si passa così da electro pop d'autore, a new wave, a rock, a sonorità molto vicine alla creatura di Trent Reznor, e come sempre a spruzzate jazz-funk sparse qua e là, il tutto magistralmente coadiuvato ed amalgamato. Ben sedici pezzi per una durata complessiva di circa un'ora e dieci minuti, ma passano via molto fluidamente senza intoppi o tempi morti.
Effettivamente il disco è un piccolo gioiellino, e magari se fosse stato omesso qualche brano il disco ne avrebbe guadagnato in punteggio, ma probabilmente l'alchimia non sarebbe stata la stessa, e cosi nel 1999 Morgan e soci decidono di immettere nel mercato questo Zero che è sicuramente il disco più conosciuto dei nostri, se non altro per un singolo/tormento quale è la traccia numero quattro, che svettando alta nelle classifica delle hits fu anche colonna sonora di un noto spot pubblicitario.
Versozero apre le danze, ed è un'intro distortissimo che ci immette nella prima vera canzone del lotto, che è la title-track. Il pezzo è stracolmo di elettronica tedesca anni '80, la voce è spesso effettata a dovere e i riff sono sempre duri e chirurgici. Sicuramente è uno dei picchi più alti del platter, non chè uno dei pezzi più duri della band.
La Crisi, che possiede un testo splendido, parte malinconicamente e placida con la voce di Morgan su un tappetto di loop e di bassi. Mano a mano però il pezzo cresce e gli strumenti si intrecciano sempre più tra loro, fino all'esplosione che preceduta da una micro pausa ci dona una band pomposissima e incalzante tra New Wave e Industrial rock di Nine Inch Nails-iana memoria.
Il singolone Sono=Sono (che si legge "sono come sono") è posto in quarta posizione.
Il ritornello come da copione entra immediatamente in testa, ed anche il break è di facilissima assimilazione. Il brano nella sua semplicità è strutturato alla perfezione, con la solita effettistica a puntino e l'elettronica di scuola Kraftewerk.
La quinta traccia, tale La Comprensione, è una triste ballata che si poggia principalmente su un pianoforte a cui si allaccia in seguito anche una chitarra acustica. La voce del cantante è qui mesta e quasi disperata nell'interpretazione di un testo come al solito mai banale ma anzi intelligente.
La carriera solista del singer e mastermind del gruppo, che inizierà qualche anno dopo l'uscita di questo album, verterà moltissimo su queste sonorità...

Finchè saprai spiegarti paga un altissimo dazio a quel genio incontrastato del duca bianco David Bowie, che infatti viene anche nominato nel testo della canzone ("...I've been dancing with the thin white duke...").
I sassofoni che si ergono austeri nella canzone e l'interpretazione vocale di Morgan ricordano moltissimo le musicalità di Changes (quel capolavoro di Bowie), e nella sua totalità il pezzo ha un qualcosa di goliardico, probabilmente per rilassare l'ascoltatore al prossimo pezzo che invece è triste e più denso.
Sovrappensiero è sicuramente il pezzo meglio riuscito di Zero, è plumbeo ed opprimente, ma la voce è incontrapposizione leggiadra, sebbene molto sofferta. Il testo è molto toccante e si sposa benissimo con la musicalità lenta e onirica stracolma di elettronica ed effettistica.
La traccia numero otto che si intitola Forse, continua sulla scia della precedente. E' il pezzo più lungo dell'album ed anche il più ossessivo; la voce di Castoldi si intreccia a quella di Andy ed entrambe quasi rantolano ad appesantire questo senso di opprimente atmosfera. Sul finire l'intensità raggiunge dei picchi molto alti per poi spegnersi lentamente.
Con Autofraintendimento ritorna il ritmo pomposo e il basso la fa di nuovo da padrone. L'elettronica è sempre in primo piano (questo è l'album dove di più questa matrice è marcata), e le influenze a livello soprattutto sonoro ai padri Kraftewerk sono sempre presenti. A volte fanno capolino anche gli Ultravox nella loro accezione di romantica new wave, e il fatto che i Bluvertigo non riescano precisamente ad essere catalogati è inevitabilmente sintomo di grande maturazione e originalità.

Lo Psicopatico dà il titolo alla successiva traccia che è impregnata di rock industriale e che si alterna tra parti più robotiche ad altre più classiche. I riff di tastiera sono molto ispirati ed hanno quasi un sapore orientale.
Always crashing in the same car invece è una bellissima cover che tributa il grandissimo David Bowie. Di solito le cover non hanno grandi risultati, ma in questo caso non ci si può lamentare. Specialmente sul finire poi ci sono dei bellissimi e intensi momenti di emotività.
Saxs Interlude è un brevissimo intro a Porno Muzik, pezzo strumentale elettronico su cui si infrange un sax distorto. Nulla di fatto.
Niente x Scontato è ad ora il pezzo più insignificante; la metrica è ai limiti del rap e il testo per quanto interessante (come sempre) non solleva le sorti di un pezzo scialbo. La parte strumentale
centrale non è niente male ma è davvero poco su cinque minuti e mezzo di musica.
La penultima traccia Numero ricorda moltissimo le esperienze passate diMetallo non Metallo, ci sono gli archi infatti ed è il pezzo più malinconico del lotto dove anche la voce di Morgan è immancabilmente sommessa.
Giunge al capolinea questo disco con Punto di Non Arrivo che prosegue il discorso intrapreso dal precedente pezzo. Una ballata triste che chiude il sipario con la voce inconfondibilissima del maestro Franco Battiato.
A conclusione non si può altro dire che chi aveva precendentemente apprezzato i Bluvertigo, troverà questo album significativo ed interessante, mentre chi era rimasto perplesso sul loro sound non troverà nulla che gli possa far cambiare idea. Loro sono sempre i Bluvertigo, e nonostante le massicce dosi di industrialità ed elettronica che in passato non erano state cosi ampiamente usate il marchio di fabbrica di questi italiani è sempre ben in vista.
E' un album in toto malinconico, accompagnato da testi intelligenti e da musiche originali.
Non si nega però che per ascoltare e godere di questo album, bisogna avere una particolare predisposizione mentale verso certe sonorità ad impatto un pò ostiche.
Un'ulteriore conferma per i Bluvertigo, che a due anni di distanza dal predecessore sfornano questo altro piccolo gioiellino (di cui noi italiani andiamo fieri) e che non smuove di una virgola le potenzialità e l'ispirazione della band.




thenewdeal

Zero - ovvero la famosa nevicata dell'85" - Bluvertigo (1999)

Geli e disgeli della New Wave Italiana - ovvero quando Morgan era più figo di quanto faccia il figo adesso.
Anno: 1999
Etichetta: Sony Mus
Distribuzione: SonyBMG

"Zero - ovvero la famosa nevicata dell'85", venuto alla luce nel 1999, è l'ultimo vero album pubblicato dai Bluvertigo. Infatti le due seguenti uscite discografiche della band sono una raccolta del 2001 "Pop Tools" e un live, "Storytellers", che testimonia la reunion del gruppo dopo 7 anni di pausa (o congelamento come hanno affermato gli stessi BV), avvenuta negli studi della trasmissione di MTV e seguita da un lungo tour estivo.
"Zero" è il capitolo che chiude concettualmente e alfabeticamente la "trilogia chimica" composta dai precendenti "Acidi e Basi" del 1995 (A e B), "Metallo NOn metallo" del 1997 (M,N e O) e infine, appunto "Zero" (Z). Il primo dei tre vuole rappresentare l'infanzia, il secondo l'adolescenza e la gioventù, l'ultimo la vecchiaia e la maturità dell'essere umano e non.
Esaminando la copertina di "Zero" si assapora già la glacialità dell'album, di cui il sottotitolo "ovvero la famosa nevicata dell'85" ne dà la conferma, ancor prima dell'ascolto.
Ma come in ogni nevicata che si rispetti è permesso accendere un fuoco per riscaldare il corpo e lo spirito.
Premendo il tasto play i suoni si fanno subito lancinanti, distorti, elettronici cominciando dall'intro "Versozero", seguito a ruota dalla title track "Zero", in cui l'intenzione della band era quella di utilizzare esclusivamente rumori e non suoni... ma la tradizione italiana è ben distante dalla negazione del suono e della melodia e per questo non ci riescono! Il pezzo risulta essere comunque uno delle tracce più dure della band oltre che una delle migliori mai composte dai monzesi. L'influenza dei Kraftwerk è più che evidente ma la genialità e il pungolo dei testi del Castoldi dà una marcia in più alla presa del brano sul cervello. Si, dico proprio il cervello, perchè, più che essere un testo di contenuti, è una stimolazione continua delle sinapsi, è un continuo grattacapo, un susseguirsi di cani che si mordono la coda ("il messaggio è conservare bottiglie vuote").
A seguire una batteria elettronica e un basso fuzzato da un envelope filter introducono uno dei singoli dell'album: "La crisi". Il brano, pur nella sua efficacia e tiro, va un po’ a smentire il concetto della trilogia trattando tematiche titiche della gioventù e dell'esistenzialismo tardoadoloescenziale. Nel complesso si alternano parti estremamente melodiche (si noti il riff di chitarra) e ritornelli che stimolano un pogo poco meno che selvaggio. All'insegna degli anni ‘80 è il singolo più fortunato dell'album "Sono=sono", in cui Morgan fa un bilancio delle sue ambizioni da piccolo e quello che è adesso, il tutto contornato da incastri di riff di chitarra, tastiera e basso portati avanti dalla secca e la compressa batteria di Sergio Carnevale. Da evidenziare il folle intermezzo salsa di basso e chitarra e il finale in chiave disco con uno sfrenato uso di vocoder e chitarra funkeggiante. Per darsi una calmata dopo l'esasperata eterogenia dei primi tre pezzi un più convenzionale pianoforte introduce "La comprensione", una ballata dai toni foschi che afferma che "la comprensione è un'utopia come l'anarchia", insomma dimostra le difficoltà di comunicazione del leader del gruppo, autore di tutti i testi, confermate dalla successiva "Finchè saprai spiegarti". Il pezzo fa davvero ballare tanto: basso funky drittissimo, poche note ma buone, scleri di pianoforte e sassofono retrò. Il tutto dimostra l'amore dei Bluvertigo per i Roxy Music all'epoca di Brian Eno, mentre il testo è una lista di personaggi-fonte di ispirazione per la band. Vengono citati dalla propria mamma a Salvador Dalì, da Chopin a Madonna. Un gruppo abbastanza eterogeneo, insomma. "Sovrappensiero" è un piccolo capolavoro quasi completamente elettronico a parte voci e chitarra. In questo brano estremamente cerebrale c'è la prima apparizione del super special guest dell'album: Franco Battiato, estimatore della "new wave italica" dei Bluvertigo. Il pezzo che segue "Forse" è davvero gelato. Decisamente "down tempo" rispetto al resto dell'album, ma non per questo privo di ritmo, con un ritornello semplice e diretto. Parte centrale alla Depeche Mode con campioni di voce spettrali, incastrati e modificati. All'inizio spiazza sentire la voce di Andy anziché quella di Morgan. Ancora sulle difficoltà di capirsi e farsi capire è la ritmatissima "Autofraintendimento" dal riff orientaleggiante di archi e basso plettrato pompatissimo, chitarra ossessiva in palm mute che pian piano si fa sempre più effettata e Crimsoniana, sulla scia di Adrian Belew. Sullo stile della precedente, "Lo Psicopatico" è davvero folle. La chitarra è quasi irriconoscibile per la quantità di effetti che è costretta a "su(o)pportare", le ritmiche degli arpeggiatori ossessive e il finale distorto da impazzire, alla faccia di tutte le psicopatie. Sicuramente il pezzo è consapevolmente autobiografico.
E adesso arriva la cover, "Always crashing in the same car". Chi potevano scegliere di omaggiare se non il duca bianco, David Bowie, (già citato peraltro in "Finchè saprai spegarti")? Il pezzo è trascinante e ben orchestrato e non è un piccolo particolare che sia stato missato da David Richards, produttore e fonico dei Queen, negli studi di Montraux costruiti nel 75 dai Rolling Stones. Seguono "Sax interlude" in cui in soli 28 secondi Andy ci introduce l'unico pezzo strumentale dell'album, "Porno Muzik", che potrebbe sul serio essere, per la sua funkyness, una colonna sonora di un porno o un poliziesco (degli anni settanta però!). Gli scratch iniziali di "Niente X scontato" non sono opera di un noto disc jockey, ma di Livio Magnini, col semplice utilizzo di plettro e corde di chitarra, e suggeriscono l'apparente spensieratezza del brano. Sembra una vera caduta di stile ai primi ascolti, o perlomeno un pezzo non degno di una band di questo rango, ma ascolti più attenti mettono a nudo l'ironia delle parole e della musica. Da notare l'assolo alla Belew di Livio Magnini ed è da citare la partecipazione di Roberta Castoldi, sorella di Morgan, nei cori finali (nonché violoncello nei pezzi finali dell'album). I due pezzi che chiudono l'album abbassano notevolmente la temperatura che, dopo "Zero", era salita solo grazie al ritmo. "Numero", introdotta da una "s" sibilante, è un haiku di smisurata bellezza, accompagnato dalla viola di Alfredo Zamarra in una glaciale sperimentazione che accende riflessioni e che smuove il cuore.
In "Punto di non arrivo" la glaciazione è avvenuta oramai. Morgan non prova più , è un ghiacciolo che non si scioglie mai e ce lo racconta con una voce calda come in nessun altro pezzo di questo album. Questo ossimoro musicale è sostenuto dal basso fretless nelle strofe e da atmosfere aperte con tanto di chitarra acustica. Le parole che chiudono l'album sono cantate proprio da Franco Battiato che, come ad avvalorare la tesi del Castoldi, si chiede "Dove sono arrivato?".
Tirando un po’ le somme, a mio avviso, è fino ad ora, il miglior album dei Bluvertigo e rappresenta, a conferma della trilogia chimica, l'apice della loro maturità sonora, compositiva, intellettuale.
Ora, narrano le cronache, che stiano lavorando a un nuovo album, e chissà quando vedrà la luce. Aspettiamo fiduciosi.
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06.12.2013 Morgan presenta l'inedito "Spirito e Virtù" a X Factor 2013

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05.12.2014 Tutte le recenti interviste in vista del nuovo disco e dell'autobiografia

Interviste 2014

05.12.2014 Pubblicata l'autobiografia di Morgan "Io, l'amore, la musica, gli stronzi e Dio"

Bibliografia

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