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Per fare Bowie ci vuole…Bowie! (Morgan e Leo Mansueto presentano The Next Day, InMondadori Milano 11.3.2013)

18 marzo 2013

Concerti, Recensioni eventi

 

Spazio Eventi InMondadori, Piazza Duomo, Milano – 11 marzo 2013
 
“L’avresti detto (al Bowie Bash, ndr) che ci saremmo trovati qui a festeggiare il ‘Grande Assente’?” “No, perché non prevedo il futuro… però erano anni che speravo in un disco di David Bowie!”
Così si apre la chiacchierata tra Leo Mansueto e Morgan, insieme per commentare il ritorno inaspettato del Duca e analizzare ‘The Next Day’ alla vigilia dell’uscita in Italia.

Leo Mansueto, autore di ‘L’ultimo dei marziani‘, sottolinea la “dirompenza dell’essenzialità” nella modalità di presentazione dell’album, preparato in segretezza, cavalcando la figura del “grande assente” appunto, anche nella copertina che richiama ma oscura parzialmente il passato. Preparando la platea all’ascolto in anteprima puntualizza la ricchezza di simboli, metafore, citazioni e autocitazioni, testuali e melodiche (da Lennon a Scott Walker) e l’apporto fondamentale  del sax di Steve Helson e della chitarra di David Torn.

video di Michela Bonvicini

Dopo l’ascolto dell’album, giunge Marco Castoldi che dopo una ‘Five Years’ voce e chitarra e una battuta su coloro che non possono purtroppo più “fare dischi” perché morti e i “morti in vita” che ne fanno invece troppi, definisce l’album “il disco di un uomo vivo”. Morgan non è spiazzato dalle modalità del lancio, in linea con il modus operandi di Bowie da sempre attento anche ad aspetti “paramusicali” nel campo della comunicazione, visivi, operazioni di marketing, perfino la sua quotazione in borsa; ritiene che l’operazione pur non colpendo particolarmente gli “addetti ai lavori”, sia funzionale a un “ampliamento del mercato” tra chi non lo conosceva, per motivi generazionali o perché in Italia è sempre stato considerato un pò “elitario”… e pare che ci sia riuscito!

mansueto bmik

Leo Mansueto – foto di Michela Bonvicini

Emily Mackay su ‘New Musical Express‘ dice che quest’album piuttosto che reinventare Bowie, assorbe il suo passato e guarda avanti… sei d’accordo?”  Morgan risponde con una divertente reinterpretazione di “Ci vuole un fiore” di Endrigo, dove ricorda che nulla nasce dal nulla e “per fare Bowie, ci vuole Bowie, per fare Bowie ci vuole Heroes, per fare Heroes ci vuole Low, ma meglio di tutti è Lodger, per fare Lodger ci vuole Ziggy…” chiudendo amaro “per fare ‘The Next day’ ci vuole Bowie, ma anche noi che lo compriamo, perché oggigiorno i dischi non si vendono, non si vende niente, nemmeno Bowie!”.

Bowie cita se stesso, molti dicono che “da 50 anni fa sempre Bowie” , ma è quello il punto: raccoglie stimoli, da sé e da altri, ma il risultato non è una copia perché  trasforma tutto “in Bowie”. I detrattori dicono che non “ha” un genere, ma Bowie “é” un genere. E cos’è che rende una canzone tipicamente “di Bowie”? Tanti elementi stratificati, che comprendono rock, sperimentazione armonica, sonorità che spesso sembrano ricalcare la moda del momento ma che hanno un marchio di fabbrica tipico, e che forse più che di Bowie spesso è ascrivibile a Tony Visconti.

Mansueto chiede a Morgan quale brano del Duca sceglierebbe per presentare a un alieno caduto sulla terra una canzone pop: “la” canzone sarebbe Space Oddity, musicalmente opera di un Bowie in stato di grazia e dal testo interessante anche per la dimensione sociale che riprende un argomento chiave dell’epoca;

mansueto bmik

Morgan – foto di Michela Bonvicini

Marco dà anche  una breve definizione di “canzone” come piccolo mondo autonomo, necessariamente comprensivo di musica, testo e voce e ritiene che come la poesia possa essere suddivisa in “lirica” (Leopardi e Tenco) e “epica” (Dante e De André); Bowie affronta entrambe (‘Heat’ e ‘Heroes’) ma anche un terzo genere, più giocoso, legato alla tecnica del cutup di William Burroughs.

Tornando a ‘The Next Day’, per Morgan è  un bell’album, “un disco in giacca e cravatta”, intelligente. Tuttavia non è particolarmente ardito dal punto di vista ritmico e timbrico, né contiene “pattern” particolari come il giro di 3 accordi su un tempo di 4/4 che si rileva in ‘Ashes to ashes’, ad esempio (vedi video a fondo pagina), e solo dalla metà dell’album (soprattutto in ‘Heat’) si rilevano alcuni episodi del Bowie che piace a Morgan: quello atonale, dissonante, poliritmico, cupo, magari deforme, malato, imperfetto, “umano troppo umano”; che ricorda Scott Walker, artista di riferimento dei “dandy” come Sylvian, Suede, Placebo, Transglobal underground… Come esemplificazione Mansueto ricorda i Walker Brothers di ‘The electrician‘ che Morgan accenna al piano. E’ comunque indubbiamente un album “di Bowie”, e visto che Bowie ha su di lui quasi un “effetto psicotropo” per Marco è difficile valutarlo criticamente e freddamente, slegandosi dall’aspetto emozionale, ha solo potuto analizzarlo da un punto di vista tecnico, analogamente a quanto effettuato in passato in occasione della sua rilettura di “Non al denaro non all’amore né al cielo” di De André. Ha rilevato la frequenza di alcuni termini e argomenti, e contrariamente a quanto ipotizzato anche da noi, dopo l’ascolto, a prevalere non sono le parole legate all’oscurità o alla morte, ma quelle relative a luce, giorno e astri… “una grande idea luminosa”. Poi, certo, ci sono anche morte, oscurità e sangue, ma sono molto presenti anche “gli altri”, mentre latitano “io” e “amore” ed è stranamente del tutto assente la parola “music” mentre del suono si segnala solo l’assenza in “without sound”.

(Analisi delle “parole chiave” – estratto) 

Interessante ed emblematica per Morgan l’analisi ritmica: l’album contiene  brani con un ampio range di bpm (beats per minute), da 95 a 140. Questo mostra la libertà del pop, e di quello di Bowie in particolare, in ogni campo, ritmico, testuale, timbrico ecc (non per niente è pop Britney Spears come lo sono i Beatles), a differenza di altri “generi” (rock, house, ecc) che sono imprigionati in determinati codici espressivi compreso il range ritmico, a volte tipico del genere, a volte legato al “ritmo interno” del batterista (“forse al suo battito cardiaco, anche se a volte ha qualche extrasistole, come quello dei King Crimson!”).

E’ un album forse più facile di altri da riprodurre live, proprio per l’assenza di “stranezze” ritmiche o timbriche, che però sono proprio quelle che renderebbero per Marco interessante la trasposizione live, necessariamente diversa dalla versione studio. Sembra quindi che Morgan concordi con Daniele Pensavalle di ‘Sound and Vision’ che lo definisce “un ottimo prodotto per i neofiti, un discreto prodotto per lo zoccolo duro degli amanti del Duca Bianco”  perfetto per avvicinare il Duca a una nuova generazione cresciuta in questi anni di sua assenza e avvicinarla ai suoi album precedenti che, come sottolinea Castoldi, per anni sono stati tra i pochi stabilmente a prezzo pieno! (Altro sintomo dell’oculata gestione di immagine e patrimonio che caratterizza l’intelligente Mr Jones).

Tuttavia segnaliamo che proprio in questi giorni parte della sterminata discografia di Bowie è in vendita in edizione Nice Price… un’occasione da non perdere!

 Video di F. Rognoni (CH4RLIEonUtube)

Ringraziamo Michela Bonvicini e Francesco ‘Charlie’ Rognoni per il materiale audiovisivo.

23 marzo-11 agosto 2013,Victoria and Albert Museum, Londra: “David Bowie is” retrospettiva sulla carriera che raccoglie oggetti, strumenti, costumi, foto, video, manoscritti, con particolare riguardo alle collaborazioni con artisti e designer. (sito)

25  marzo- 31 marzo 2013,  BBC radio 6 (UK): speciale su Bowie, interviste e esibizioni dagli archivi BBC (sito)

maggio 2013, BBC two: ‘David Bowie – Five Years’ documentario di Francis Whatleysu che racconta, con materiale inedito e interviste d’archivio, 5 anni “cruciali” (1971, 1975, 1977, 1980, 1983) (informazioni)

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